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Coronavirus frutto di una fuga da laboratorio? La tesi del Nobel Luc Montagnier ha dei precedenti

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A sostenere le tesi del Premio Nobel Luc Montagnier per cui il coronavirus è sfuggito a un laboratorio, ci sono dei precedenti. Questa volta non in Cina, bensì in America e in Russia. Si tratta - come spiega Il Corriere della Sera - dei famosi i laboratori militari americani di Fort Detrick (Maryland) e quelli russi (uno dei più noti si trovava sull'isola di Vozrozdenie, poi abbandonato). L'esempio più famoso risale al 1979, quando almeno 100 civili sono morti per la fuga accidentale di antrace a Sverdlovsk, un centro di ricerca militare, in Russia. In quel caso però si trattava di un batterio e non di un virus.

 

 

Ma non finisce qui, perché di casi ce ne sono anche altri. Tra questi l'influenza H1N1 del 1977-78, su cui però ancora si discute se sia "riemerso" da un laboratorio. Non è tutto, da ricordare sicuramente anche il contagio di alcuni ricercatori in Germania, dal Marburg, il virus importato nel 1967 da alcune scimmie dall'Uganda, e che aveva provocato febbri emorragiche nei ricercatori. Anche l'Italia può "vantare" un esempio: nel 2017 la storia di una ricercatrice italiana che si era contagiata in laboratorio e lo aveva scoperto grazie a una donazione di sangue. Nonostante gli innumerevoli episodi le autorità sanitarie non si sono mai concentrate su quanto accade nei laboratori. Motivo, questo, per cui l'ipotesi di Montagnier potrebbe non essere poi così remota.

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