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Joe Biden, la "sindrome Jimmy Carter". Cosa sa Federico Rampini: quando manderanno a casa il presidente

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La sindrome Jimmy Carter.  Una fine disgraziata e precoce sembra attendere Joe Biden, che a pochi mesi dal suo insediamento alla Casa Bianca è andato a sbattere contro il più fragoroso e umiliante fallimento politico, militare e diplomatico nella storia degli Stati Uniti. Secondo Federico Rampini, corrispondente dagli Usa per Repubblica, il paragone più ovvio con il caos afghano non è la ritirata americana da Saigon, che segnò la sconfitta nella guerra del Vietnam, ma quanto accadde nel 1979 in Iran, con la drammatica vicenda degli ostaggi nell'ambasciata americana di Teheran. Il braccio di ferro tra Washington e i khomeinisti finì nel sangue e di fatto segnò la fine della carriera del democratico Carter.

 

 

 

 

 

"Tredici morti fra i 'suoi ragazzi' - scrive Rampini a proposito della strage in aeroporto a Kabul firmata dall'Isis e i soldati americani rimasti uccisi - sono una macchia per qualsiasi presidente, ancor più per un anziano statista che fra i suoi vanti aveva l'esperienza in politica estera". Si parla ufficialmente di impeachment proposto da due parlamentari repubblicani ma né la Costituzione né i numeri al Congresso sembrano dare speranza a chi tifa per il disarcionamento. "I repubblicani - sussurra Rampini - possono invece trovare dei voti democratici sufficienti ad aprire una commissione d'indagine sulla strage di Kabul". 

 

 

 


Questa mossa "costringerebbe a testimoniare generali e ministri, col risultato di garantire la massima visibilità e prolungare l'effetto negativo sull'immagine di Biden fino alle legislative del novembre 2022. Quello sarà il vero test. Prima di allora Biden può continuare a scendere nei sondaggi, senza conseguenze concrete. La prova che arriva tra 14 mesi è cruciale". E contando che le elezioni di midterm quasi mai sono favorevoli ai presidenti in carica, per Biden potrebbe essere verosimilmente la fine della sua esperienza da comandante in capo. Un'autostrada libera per i repubblicani, visto che "l'indebolimento di Biden - sottolinea l'inviato di Repubblica - può compromettere le chance di una candidatura di Kamala Harris alla Casa Bianca nel 2024: nessun vicepresidente ha mai guadagnato dalle disfatte politiche del suo capo". Se non stessimo parlando a poche ore da una carneficina, si parlerebbe di "bagno di sangue politico".

 

 

 

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