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Ucraina assediata, l'Occidente resta a guardare: perché servirebbero Berlusconi e Merkel

Renato Farina
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Ieri mattina, ci siamo svegliati presto, acceso la moka e la tivù, e abbiamo sentito il sibilo borbottante del caffè, ma infinitamente più stridente ci è entrato nelle midolla il rumore della guerra, mai così vicino alle nostre vite. Alle 4, nel buio della notte invernale di Mosca, ore sei in Italia, Vladimir Putin aveva annunciato l'inizio dell'«operazione speciale per proteggere chi è discriminato, e disarmare e denazificare l'Ucraina». Quando inizia un'azione sanguinaria si gira sempre intorno alle parole. Non bisogna dire guerra, non bisogna nominare quel liquido rosso che si raggruma orrendamente sulla pelle dei morti accartocciati dalle bombe. Insomma invasione. Eravamo fino a poche ore prime molto preoccupati per gli ucraini, per la povera gente a tiro di mitraglia russa. Lo eravamo sinceramente. Discutevamo persino di geopolitica, discettando sulle buone ragioni di Mosca a non essere accerchiata da postazioni missilistiche a cui si contrapponeva il sacrosanto diritto all'indipendenza e all'integrità dei confini da parte di Kiev. E la Nato, Biden, l'Europa: lì a guardare, certo stando dalla parte dell'Ucraina, candidata a far parte di Ue e di Patto Atlantico, ma in fondo rassegnati, o addirittura - ci pare proprio il caso dei tizi della Casa Bianca - speranzosi in una mossa guerresca di Putin, così da farlo credere vincitore del primo tempo della partita e poi isolarlo, rendendolo definitivamente nemico dell'Europa.

 

 

Tutto vero, ma ci pareva teoria, e se doveva essere sangue, avremmo sparso lacrime ed espresso solidarietà a gente lontana. Per l'Armenia e la Repubblica autonoma (e cristiana) del Nagorno-Karabach aggredita e rapinata delle sue terre da Azerbaijan e Turchia nel settembre-ottobre del 2020 avevamo recitato proprio questo copione. A bloccare il cannibalismo di Baku e Ankara era dovuto intervenire la Russia di Putin, in nome di una difesa della memoria cristiana e del diritto internazionale. Mentre la Nato, Ue e Onu se ne fottevano allegramente. Così ancora mercoledì sera, prendevamo sul serio gli espertoni televisivi di strategia globale, sostituti temporanei dei virologi. Sembra un secolo fa, pareva disegnassero scenari di guerre su Andromeda. Ma ieri mattina - non diciamoci bugie per favore - il brivido ha percorso le nostre ossa temendo per noi stessi, la nostra famiglia, su che cosa aspetterà noi, proprio noi. Fin dove arriverà il conflitto armato, l'odore di bruciato. Lo sentiremo sotto le nostre finestre? Ci toccherà, come ieri mattina capitava agli abitanti di Kiev, di radunarsi nei sottopassaggi, chiudersi in cantina? Oppure ci saranno risparmiate le bombe, ma non il nodo scorsoio di chi crede di punire con dure sanzioni finanziarie il nemico, e in realtà resta impiccato lui: se la Russia chiude il gas all'Italia e ci nega il grano e altre materie prime di cui siamo privi, chi ce le dà, visto che la Nato ha regalato a Russia e Turchia pure la Libia?

ARTE E SCHIFO
Arrivano le immagini del fumo nero che sale da qualche edificio. Non è un bombardamento a tappeto, ma la gente piange. L'arte della guerra è elegante nei salotti, ma poi fa schifo, è una follia senza alcuna giustificazione, perché nessuno potrà mai teorizzare come ineluttabile lo strazio di un bambino. Il minestrone della geopolitica si è rovesciato ieri addosso al mondo, ed è una colata di sangue. Si limiterà a lambirci, o dovremo anche noi raccoglierne a secchi? Ehi, stai facendo terrorismo, mi rimprovererà qualcuno. Figuriamoci se il conflitto ucraino, in un posto remoto che si chiama Donbass, come il soprannome nome di un prete dell'oratorio, dalle Porte dell'Asia si dirigerà verso Porta Vercellina o Porta Romana. Eppure avete in mente il Covid, esploso in un lurido mercato di Wuhan, e che ha subito preso il biglietto per Bergamo? Tutto in questo terzo millennio corre più veloce di Jacobs e piomba sul traguardo con la furia istantanea di Sofia Goggia. Angoscia, insicurezza, terra che manca sotto i piedi magari non subito, ma tra un mese, un anno, anzi domani mattina. Questo è il sentimento che ieri ha attraversato come un lampo le nostre coscienze di sonnambuli, improvvisamente ricordandoci chi siamo, la nostra fragilità personale, nazionale, continentale, occidentale.

 

 

Ragazzi, è bene che prendiamo nota: siamo nudi. Non abbiamo armature medievali né giubbotti antiproiettili in questo mondo dove si stanno scontrando i continenti, e le potenze, come non accadeva dal 1945. Noi siamo vasi di coccio tra vasi di ferro, come capitò a don Abbondio che malvolentieri ma si mise a obbedire a don Rodrigo. Il nostro don Rodrigo oggi si chiama America, ed è stata a volte un buon amico, un alleato che rispettava i nostri interessi e la nostra cultura. Putin stavolta nel suo calcolo di costi benefici ci ha deluso, la sua azione è folle e in fondo criminale. Ma esistono, eccome, responsabilità occidentali. In fondo con la Russia si è ripetuto l'errore fatale commesso punendo esageratamente la Germania per la sconfitta nella prima guerra mondiale. È il tempo del buon senso contro l'irrazionalità della distruzione. Qualcuno dotato di una follia alla Erasmo da Rotterdam, dotata di disperata fantasia, per fermare l'incendio. Perché, visti i fallimenti dei massimi leader con la corona in testa, non incaricare di trattare con Putin. Onde evitare l'ecatombe, personaggi autorevoli e non ostili a Mosca? L'Italia insieme alla Germania potrebbe svolgere la funzione di migliore amico del nostro nemico. Se ci fossero un Andreotti e un Kohl sarebbero perfetti. Ma niente male sarebbero per questa missione da cavalieri templari Berlusconi e Merkel, oggi senza cariche nei governi, ma dotati di carisma e capaci di andare oltre la logica dei puri rapporti di forza.

SILVIO E ANGELA
Intanto siamo ad oltre trecento attacchi. Aeroporti fuori uso. Gente inginocchiata per le strade a chiedere aiuto a un Dio i cui preti si taglierebbero la gola. Mentre Odessa sul Mar Nero, che fu città genovese ed ebraica, è obiettivo immediato e simbolico di Putin, che non dimentica che qui furono bruciati vivi nel 2014 cinquanta russofoni. Putin si prende il Mar Nero. Farà infuriare i turchi di Erdogan, che è della Nato, ma non è tanto ubbidiente, e tiene nelle sue basi qualche bel missile nucleare della Nato. Ma certo che sentiamo lo stridio della guerra. Poveri ucraini. Ma neanche noi c'è da stare allegri. Ci piacerebbe non averci nulla a che fare, abbiamo da prendere il tram, maneggiare scartoffie, compilare moduli sul computer a Casalpusterlengo o a Molfetta. Abbiamo da vivere. È così assurdo vivere in pace?

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