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Joe Biden e Mario Draghi, il retroscena: scontro sulle sanzioni alla Russia. Le indiscrezioni dalle sacre stanze

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Le sanzioni europee alla Russia dovranno essere inasprite. Già questa settimana, se possibile. È l'obiettivo del viaggio in Europa del presidente statunitense Joe Biden: dimostrare a Vladimir Putin che l'Occidente può essere ancora più duro e nuocere maggiormente all'economia russa, a costo di fare male pure a se stesso. Quanto male? Il punto è questo, e ancora non c'è accordo. È «Petrolio» la parola che, inserita nella lista dei prodotti soggetti a embargo, farebbe la differenza. Il greggio sinora ha rappresentato il 47% del valore delle esportazioni russe verso la Ue, per un corrispettivo di 74 miliardi di euro l'anno: ben più del gas, quindi, che vale il 12% del totale.

 

Giovedì Biden sarà a Bruxelles per partecipare al vertice straordinario dell'Alleanza atlantica e alla riunione del Consiglio europeo che vedranno impegnati Mario Draghi e gli altri leader europei: nel primo si parlerà del rafforzamento militare del confine orientale della Nato e delle altre armi da dare all'Ucraina, nella seconda del quinto pacchetto di sanzioni. Per quel giorno, l'accordo sui prossimi provvedimenti da adottare contro la Russia dovrebbe essere raggiunto. Quindi, venerdì, Biden andrà in Polonia, al di là della quale opera e bombarda l'esercito russo.

LA LINEA DURA POLACCA - Ieri è stata giornata di trattative tra i ministri degli Esteri, e la Ue ne è uscita ancora una volta divisa. Il principale punto di frizione è proprio il petrolio: unirsi o no a Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno già interrotto le forniture russe? A favore della linea dura la Polonia, il cui premier, il conservatore Mateusz Morawiecki, ha annunciato che chiederà al Consiglio europeo che l'intera Ue smetta al più presto di acquistare il greggio di Mosca. Su una posizione simile la Lituania, la Slovacchia e la Romania. Pure il ministro irlandese ha affermato che, a questo punto, «è molto difficile sostenere che con le sanzioni non dovremmo passare a petrolio e carbone». Non è un caso che i Paesi vicini alla Russia invochino misure drastiche: la paura di essere i prossimi nella lista di Putin è forte. La loro determinazione si scontra però con quella, opposta, della Germania, che di bloccare l'acquisto degli idrocarburi russi non vuole sentir parlare. La ministra degli Esteri tedesca, la verde Annalena Baerbock, sostiene che il distacco dovrà avvenire «passo dopo passo». Perché prima occorre «discutere assieme su come possiamo ridurre la dipendenza di quei Paesi che importano petrolio», tra i quali il suo.

 

Linea condivisa dal primo ministro olandese, Mark Rutte, secondo il quale l'Ue deve sbarazzarsi del petrolio e del gas di Putin, «ma non possiamo farlo domani». Anche il ministro degli Esteri di Budapest è stato netto: il suo governo non sosterrà «sanzioni che mettono a repentaglio la sicurezza energetica dell'Ungheria». Pesa il monito che il Cremlino ha spedito ieri tramite il portavoce Dmitrij Peskov: se l'embargo sul petrolio sarà adottato, «colpirà tutti». Pesa pure sull'Italia: interpellato sull'"avvertimento" russo, Draghi si è mostrato cautissimo, limitandosi a dire «Vedremo, vedremo...». Al tavolo dei ministri, la posizione espressa da Luigi Di Maio e concordata col premier è stata la stessa della Germania, anche se il titolare della Farnesina ha assicurato che Roma «non pone veti» su alcun tipo di sanzioni: con Berlino dalla propria parte, nemmeno c'è bisogno di metterli, e comunque a noi sono quelle sul gas che spaventano davvero. Nessuna intesa, insomma. Il responsabile della politica estera Ue, Josep Borrell, si è consolato dicendo che «non era questo il giorno in cui dovevamo prendere decisioni su misure relative alle importazioni di petrolio». I governi nazionali ora aspettano la proposta della Commissione, che dovrebbe essere definita entro dopodomani.

 

AL TELEFONO CON BIDEN - Non è un caso che delle sanzioni nemmeno si parli nel resoconto ufficiale di palazzo Chigi sulla telefonata, lunga un'ora, che Draghi ha avuto ieri pomeriggio con Biden, Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Boris Johnson, proprio per preparare i due vertici di giovedì. Si enfatizza «la unità di intenti e di azione dimostrata di fronte alla guerra» e ci si impegna a «coordinare gli sforzi per aiutare la popolazione ucraina in fuga dal conflitto o bloccata in patria», ma non si va oltre. I rapporti con Mosca sono peggiorati molto rapidamente, soprattutto a causa dei crimini di guerra commessi dall'esercito russo, ma tutto fa credere che ci vorrà dell'altro prima che gli Stati europei decidano di rinunciare agli idrocarburi di Putin. 

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