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Drone caduto in Croazia, l'indagine: "Fabbricazione sovietica. Ed era armato", perché ora l'Europa ha paura

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Ora è ufficiale. Il drone precipitato su Zagabria, in Croazia, il marzo scorso, trasportava degli ordigni bellici. A confermarlo oggi due settimane dopo l'incidente che solo per fortuna non ha fatto vittime, è il premier Andrej Plenkovic secondo quanto riferisce il sito Glas Istre. Plenkovic ha sottolineato che l'indagine in corso ha stabilito con certezza "che il drone era armato". "L'indagine è in corso", ha dichiarato il premier croato, "è importante che tutte queste perizie condotte dai servizi professionali, dal ministero dell'Interno e dal ministero della Difesa siano complete e accurate".

 

 

Il velivolo senza pilota era arrivato in Croazia passando dall'Ungheria, dalla Romania, e prima ancora dall'Ucraina. Un lungo viaggio pericoloso e senza controllo. Il drone da subito è apparso essere un mezzo di ricognizione del tipo Tu-141 di produzione sovietica, utilizzato anche dall'esercito ucraino. E visto che il velivolo ha un raggio d'azione di circa 1.000 chilometri, potrebbe essere partito proprio dalla zona di Odessa.

 

 

Da subito il governo croato aveva messo al lavoro investigatori di polizia, sia civile che militare, per vederci chiaro, così come voleva anche la Nato. Il sindaco di Zagabria, Tomislav Tomasevic, aveva confermato che parti del drone erano finite in diverse aree della città fortunatamente senza fare vittime né feriti. Dopo la caduta del drone sul suolo croato il presidente Zoran Milanovic aveva detto che la Croazia "deve investire di più" nel suo sistema di difesa aerea.  

 

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