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Oligarchi russi, perché la ritirata da Kiev sarebbe una loro vittoria: il piano inconfessabile (di Vladimir Putin)

Nikolai Tokarev

Carlo Nicolato
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Putin potrà anche ritirarsi da Kiev e ridurre drasticamente le sue attività militari. Si potrà anche accontentare dell'indipendenza delle aree russofone, includendo magari il corridoio di Mariupol. Per gli Usa e l'Occidente sarebbe una vittoria schiacciante, la Russia ripiega sconfitta, il leader ha avuto il suo, il Paese è avvilito, impoverito, incapace di riprendersi se non con una svolta sinceramente democratica. Eppure per una parte di Russia, quella povera, maggioritaria e che vota Putin non è così. Anzi "la sconfitta" anziché indebolirlo rafforzerà il potere del presidente, il Paese nel suo complesso sarà sì logorato e più povero ma non Putin, e con lui i suoi miti imperiali. Per capire questa apparente contraddizione bisogna conoscere la Russia più remota, quella interna lontana dagli agi della classe media, così come la conosce e la descrive Kamil Galeev, ricercatore e giornalista indipendente residente a Mosca, che giornalmente dal suo account su Twitter spiega perché il suo Paese più povero, assediato e frustrato è la patria ideale per gli oligarchi che stanno al potere.

 

 

«L'élite russa» considera Galeev «non vuole che i russi siano ricchi. Considerano la povertà un vantaggio competitivo. Se sono poveri, possono mantenere bassi i salari, diminuendo il costo di produzione. Se sono poveri, non possono acquistare beni esteri costosi che peggiorano la bilancia commerciale. Infine, i poveri non emigreranno...». Ma non solo. Un altro vantaggio è che tra i poveri si trovano più facilmente reclute per le guerre imperiali. «Molti sono sorpresi dal fatto che i genitori russi si rifiutano di aiutare i loro figli che sono stati catturati in Ucraina» spiega Galeev, «ma se ci pensi, ha perfettamente senso. Queste famiglie vedono i propri figli come una risorsa». È una questione economica, uno stipendio al fronte di 170 mila rubli contro i 20mila che al massimo si possono racimolare in provincia sono un bel sollievo.

 

 

Senza considerare che Putin paga anche oltre 7 milioni di rubli alle famiglie dei soldati uccisi in Ucraina. Un vero affare per una morte onorevole da eroe, senza considerare, sottolinea sempre il nostro analista, che la vita in Russia per un uomo è relativamente breve se confrontata con quella di un occidentale: 68 anni di speranza di vita alla nascita contro gli 80 da noi. E in campagna, nelle città povere, la situazione è perfino peggiore. A Novgorod si arriva a malapena ai 64. È da queste desolate periferie dove ben pochi hanno mai fatto acquisti da Ikea, bevuto caffè Starbucks o guardato Netflix, che arriva il vero bacino di consenso di Putin; è in queste sterminate campagne che Vladimir trasformerà anche la peggiore sconfitta in vittoria. È qui, tra questi milioni di invisibili che Putin trae la sua forza, la Russia profonda e maggioritaria per la quale il presidente è l'unico erede della grandeur sovietica e di quella zarista.

 

 

"Offesi e umiliati" dal crollo della fine dell'impero comunista e dalla retrocessione delle loro patria a Paese da terzo mondo, Putin ha ridato loro la dignità di essere russi sostituendo l'ideologia con il mito, quello della Grande Russia di imperiale reminiscenza. E ha resuscitato l'homo sovieticus trasformandolo in homo putinianus, che è un misto di sentimenti nazionalisti e machismo antioccidentale. L'attacco alla nostra cultura "antropologicamente decadente" del patriarca Kirill, la religione di Stato ortodossa è ovviamente parte di questo disegno, è solo la punta di un immenso iceberg la cui base è composta da una buona fetta di cittadini fermamente convinta che al di là dell'ex cortina di ferro ci sia un popolo di rammolliti da tenere a debita distanza. Non solo assoggettato alle fantomatiche lobby gay, ma anche e soprattutto a tutti i quei principi politically correct raggruppati in quel movimento che negli Usa chiamano "woke" e che l'alto prelato ha definito in senso più politico "impero della menzogna". Non c'è sanzione o sconfitta che scalfiggerà le convinzioni di questa gente. 

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