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Vladimir Putin, "per Aviano e Ghedi". Arsenale nucleare russo "tremila volte più potente"

Mirko Molteni
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Un quadro delle forze nucleari della Russia è stato tracciato dall'istituto IRIAD, ovvero Istituto Ricerche Internazionali Archivio Disarmo di Roma, che sull'ultimo numero del suo bollettino Iriad Review. Studi sulla pace e sui conflitti, ha pubblicato una ricerca di Alessandro Ricci che evidenzia come i russi abbiano modernizzato le testate e i vettori che le portano, in molti casi a livelli più aggiornati dei corrispettivi statunitensi.
Ciò era già noto agli esperti di strategia e tecnologie militari, ma con IRIAD ora se ne parla anche fra accademici sensibili al disarmo. Il rapporto conferma che, negli ultimi anni, la Russia ha modernizzato in media il 70 % dei propri armamenti, fra nucleari e convenzionali, ma nel solo settore atomico, il tasso di equipaggiamenti moderni che hanno sostituito quelli d'origine sovietica sale all'83%. Ciò grazie alla riforma militare di Vladimir Putin, che ha diminuito il personale militare usando i risparmi per investire in tecnologie.

 

 

 

LIMITI DI SPESA - Poiché le armi nucleari sono, in proporzione, più economiche di quelle convenzionali, non deve stupire che la Russia sia al primo posto, con 6.000 testate nucleari, rispetto agli Stati Uniti, con 4.000, nonostante la spesa militare degli USA sia di 700 miliardi di dollari l'anno, mentre la Russia sfiori 70 miliardi, dieci volte meno. Lo studio sostiene: «Gli attuali sistemi nucleari hanno una capacità distruttiva molto maggiore rispetto alle proprie controparti più datate, arrivando ad essere fino a 3.000 volte più potenti».
In verità, ciò non significa che la Russia abbia oggi un arsenale 3.000 volte più potente di quello sovietico. La proporzione ha senso solo raffrontando le atomiche moderne con i primissimi ordigni lanciati nel 1945 dagli americani su Hiroshima e Nagasaki.
L'unico singolo ordigno russo la cui potenza potrebbe riflettere una simile proporzione di crescita sarebbe il misterioso siluro-drone Status 6 Poseidon, che porterebbe una testata da ben 100 megatoni (l'ordigno nucleare più potente di sempre), capace di causare maremoti se esplodesse vicino alle coste USA. Nell'arsenale russo le testate "utilizzabili" sarebbero 4.477, di cui quelle "schierate e operative" sarebbero 1.588. Ci sono poi 2.889 testate in deposito e ulteriori 1.500 testate ritirate o in fase di ritiro che però potrebbero essere ripristinate.
Le testate strategiche, quelle più potenti, fra 300 chilotoni e 2 megatoni, portate da vettori a lungo raggio, sono disciplinate dal trattato New START del 2011, rinnovato nel 2021, ma solo fino al 2026. Esso stabilisce per ognuna delle due, fra Russia e America, un limite di 800 vettori, cioè bombardieri e missili, tra schierati e non schierati, 1.550 testate e 700 vettori schierati contemporaneamente. I russi hanno però realizzato negli ultimi anni molti nuovi missili, come l'RS-24 Yars, che possono portare testate multiple (cioè più testate per ogni missile) e inoltre sono lanciabili da rampe mobili su autocarro.

 

 

 

 

GLI ACCORDI - Gli americani, nei missili con base a terra, sono fermi al Minuteman III da rampa fissa, a cui peraltro hanno tolto le testate multiple per montarne una singola. Nei sottomarini, pure, i russi sono in espansione, con 11 unità operative in grado ciascuna di lanciare fino a 16 missili, ma altri 6 sottomarini atomici sono in programma. Ci sono infine le armi nucleari tattiche, a bassa potenza, quasi 2.000, fra quelle su missili campali o sganciabili da aerei da caccia. I russi ne hanno più delle altre potenze, tanto che il rapporto IRIAD, conclude: «La loro proliferazione è stata resa possibile dal fatto che questa tipologia di armi non è regolata dal New START né da altri trattati. Invece, sarebbe utile che entrambe le parti trovassero un accordo per proseguire nella non proliferazione, che passerebbe anche dalla probabile denuclearizzazione dell'Europa dalle armi tattiche statunitensi». In sostanza, il problema è legato anche alla presenza di atomiche tattiche USA in Europa, come le bombe B61 nelle basi italiane di Aviano e Ghedi, che spinge a sua volta la Russia a rincarare la dose.

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