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Nato, il piano di una nuova cortina di ferro: "Prima cade Putin, poi toccherà alla Cina"

Renato Farina
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Mettiamo in fila alcuni fatti e/o dichiarazioni. Vanno tutti in un unico senso. Guerra e poi ancora guerra contro la Russia. In attesa di un futuro e più tremendo scontro con la Cina. Altro che nuova guerra fredda. È una guerra totale a fuoco lento ma a fiamma crescente. Ma siamo sicuri sia la nostra guerra?

1. L'intervista del segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, al Telegraph annuncia «una trasformazione fondamentale» dell'alleanza militare. Oggi il suo compito è circondare la Russia, dotando gli Stati ad essa prosssimi, Romania e Polonia, di "truppe permanenti" sulla "frontiera". Secondo il linguaggio dei segni bellici, è quanto di più vicino a una dichiarazione di guerra prossima permanente che esista. Quasi un invito a Putin a provarci. Niente pace, nessun tavolo, spiega l'opaco laburista norvegese nominato da Obama: «Indipendentemente da quando e come finirà la guerra in Ucraina, questa crisi ha già avuto conseguenze a lungo termine».

 

 

2. Il New York Times ha titolato: "La Nato comincia a fornire all'Ucraina armi a lungo raggio per contrastare l'attesa offensiva russa". Lungo raggio. Quanto è lungo questo raggio? Vuol dire sistema missilistici. Insomma "armi (che) facciano la differenza sul campo di battaglia". Campo di battaglia. Parole millimetricamente precise. Armi tattiche. Non tali cioè da costituire "un pericolo esistenziale" per Mosca, che darebbe allora il via al colpo nucleare, ma quasi. Allungare i tempi.

3. Il progresso della Cina nel campo delle armi ipersoniche era stato annunciato a novembre, e aveva colto alla sprovvista i servizi segreti americani. Gli americani avevano affrettato con gli alleati australiani e britannici la predisposizione di razzi del medesimo o superiore livello tecnologico. Ma ecco il titolo campeggiante ieri su vari siti internet: "Missili ipersonici, Stati Uniti in difficoltà rispetto a Cina e Russia: l'arrivo dell'arma slitta di un anno".

IL DISEGNO DELLA NATO
Ce ne sarebbero altri di atti e parole. Ma sufficit. L'analisi geopolitica, che di solito genera litigi come quella tra virologi sulle mascherine, stavolta fornisce una certezza: nessuna tregua, fino alla sconfitta netta, precisa, costi quello che costi, di una delle due parti. E soprattutto che duri a lungo. Dare tempo per predisporre gli arsenali e rendere più chiara la leadership anglosassone per sconfiggere alla fine l'asse russo-cinese. Una strategia che ha una sua logica. Fino a poche settimane fa nessuno- salvo gli alti vertici di Washington, Londra e Ottawa, che avevano informazioni precise sui piani del Cremlino, e perciò avevano armato e addestrato al meglio le forze militari e le milizie ucraine - avrebbe scommesso un rublo sulla capacità di resistenza dell'Ucraina per più di sette-dieci giorni. Per fortuna però la Russia non si è mangiata Kiev in un sol boccone. Ora gli Stati costituenti il Patto dell'Anglosfera (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda), che hanno di fatto il totale controllo strategico e tattico della Nato, sono arciconvinti, a costo di rischiare uno scontro nucleare, di poter determinare la disfatta della Russia. Non con un colpo secco e via. Ma regalandole un Vietnam eterno o quasi sotto casa. Non solo: puntano esplicitamente a escludere qualsiasi possibilità di rapporto futuro dialogante e pacifico con questo immenso giacimento di materie prime, di umanità e di cultura che sono la Federazione Russa e il suo popolo.

 

 

UCRAINA AL MASSACRO
La decisione è comunque di lasciare uno Stato umiliato e debole nelle possenti mani della Cina. Il modo? Super-armando gli ucraini (onore alla loro resistenza), ma usandoli come pedine della più classica delle proxy war. Io non mi sporco di sangue, ma tu caro popolo ucraino fallo per me. Tutto questo in attesa di uno scontro che gli strateghi del Pentagono ritengono ineluttabile con Pechino. Ma va ritardato, non siamo pronti. (Sia chiaro: la guerra l'ha scatenata criminalmente Vladimir Putin, distruggendo città, senza cura di salvaguardare gli inermi. Dopo i massacri attribuiti alle sue truppe, ed essere stato dichiarato ufficialmente "macellaio" da Biden, sa però che le potenze occidentali non sono disponibili a trattare un onorevole compromesso, la sua testa è quasi staccata dal busto e pronta a cadere nel piatto. Non si fida ad afferrare la ciambella di salvataggio che gli ha lanciato sabato un "deluso e addolorato" Silvio Berlusconi, chiedendogli un cessate il fuoco seguito da trattative oneste. Il Papa che implora, in nome del Cristo crocifisso e risorto, la tregua pasquale, avrà miglior successo? La storia talvolta fa salti balzani e miracolosi).

In tutto questo che parte avrà l'Italia? Di sicuro per noi un conflitto di lunga durata, con sanzioni crescenti (ma bastano quelle già in atto), avrà conseguenze disastrose. Gli strateghi dell'Anglosfera hanno sancito l'esclusione permanente della Russia dal raggio dei nostri commerci, il che equivale per noi all'amputazione di un braccio, ad un handicap senza rimedio, in posizione eternamente subordinata, con il grano da pagare a prezzo doppio, come il gas, e il legno, e il nichel. Domanda al governo e ai leader politici. Quella sopra esposta è una deriva fatale o qualcosa possiamo fare - in quanto Italia - per cambiare l'inerzia tragica delle cose? O almeno per salvaguardare minimamente i nostri interessi? È possibile essere filo-atlantici, occidentali fino al midollo, ma pure un po' italiani, e non trottare come cagnolini al guinzaglio di una Nato a sua volta dominata dagli interessi anglosassoni? E fare di tutto per chiudere in fretta la bocca dei cannoni, senza subire veti da Washington? Sperèm.

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