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Xi Jinping, arriva l'"ondata-anti Cina": perché ora Xi Jinping rischia grosso, chi vuole farlo fuori (subito)

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Maurizio Stefanini
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Era stata Bloomberg giovedì scorso a ipotizzare problemi crescenti per Xi Jinping. Motivo: la sempre più vistosa spaccatura col primo ministro Li Keqiang per una politica di "Covid zero" che ha provocato una crisi economica inedita. Accentuata dal problema di funzionari economici che non sanno più a chi dare retta, tra presidente e primo ministro. L'ennesimo sorvolo di 30 aerei cinesi sul cielo di Taiwan e il ministro degli Esteri Wang Yi che ha rilanciato un asse con Mosca per «promuovere la democrazia reale» lasciano intendere che, come spesso accade a regimi autoritari (e non solo), la ricerca di tensioni all'esterno possa essere un modo per distrarre dal problema. Il punto, però, è che negli ultimi giorni il risultato di questa toppa è stato peggiore del buco, dal momento che ha generato una ondata anti-Pechino nel Pacifico da cui i progetti di espansione dell'area di influenza della Repubblica Popolare ne risultano drammaticamente azzoppati.

 

 

PAURE ASIATICHE
Così, un sondaggio ha rivelato che più del 90% dei giapponesi pensa che il governo debba prepararsi per una crisi armata lungo lo Stretto di Taiwan, il 41% vuole modifiche alla Costituzione "pacifista" del Paese, il 61% è favorevole a rafforzare la deterrenza militare contro la Cina. E al Forum dei Paesi del Pacifico meridionale dieci Stati insulari hanno respinto l'offerta cinese di un grande accordo commerciale e sulla sicurezza. Il vertice è stato lunedì alle Figi: Wang Yi vi si trovava fisicamente durante una tappa del suo viaggio nella regione, assieme al collega locale; i rappresentanti di Tonga, Kiribati, Samoa, Papua Nuova Guinea, Vanuatu, Salomone, Niue, Stati Federati della Micronesia e Vanuatu erano presenti in videoconferenza.

Come sottolineato dai leader della regione, le questioni geopolitiche sono viste dalle popolazioni locali come secondarie, quando invece le loro isole rischiano di essere sommerse dall'oceano. Wang aveva formalizzato un accordo di sicurezza con le Salomone, i cui termini sono segreti, ma che assicurerebbe alle navi da guerra cinesi il diritto di effettuare scali e operazioni di rifornimento nei porti dell'arcipelago. L'apparente successo si è rivelato però uno scivolone, nel senso che Wang è venuto con l'idea che tutti gli avrebbero fatto concessioni simili. Invece gli hanno risposto picche.

Nodi che rischiano di venire al pettine al prossimo congresso del Partito. Il XX: è in agenda a fine anno, e Xi sperava di ottenervi uno storico, terzo mandato. Occasione degli interrogativi: la decisione a sorpresa di Li di fare, mercoledì scorso, una videochiamata di massa a varie migliaia di quadri del partito, per avvertirli di una crisi economica in arrivo peggiore che due anni fa, e chiedere loro di trovare un miglior equilibrio tra la lotta alla pandemia e le esigenze della crescita economica. L'ultima volta che era stata fatta una cosa del genere era stato nel febbraio del 2020, quando Xi aveva chiesto ai funzionari di impegnarsi in una «guerra di popolo» contro la pandemia. Ma, appunto, privilegiare la lotta al Covid all'economia continua a essere la priorità di Xi, che di fronte alla ripresa del malanno ha ordinato lockdown massicci.

Quello di Shanghai, che con i suoi 25 milioni di abitanti è la città più popolosa e motore economico della Cina, si è concluso giusto ieri, dopo nove settimane e 595 morti (ufficiali). Ma per fare qualsiasi cosa che non sia una passeggiata bisognerà comunque farsi un tampone ogni 72 ore. Ben otto funzionari cinesi in condizioni di anonimato avrebbero confessato a Bloomberg che a questo punto non ci capiscono più niente, o addirittura di non essere d'accordo. Anche l'assenza dalla videochiamata dei responsabili del Partito Comunista di molte città è pure stato giudicata indicativa di contrasti.

 

 

«NON È SODDISFACENTE»
Gli ultimi dati economici mostrano una contrazione della produzione industriale per la prima volta dal 2020 e un livello di disoccupazione al 6,1% che è un record. Ma nella fascia di età 18-24 anni arriva al 18,2. Xi aveva puntato al doppio obiettivo del Covid zero e crescita del Pil al 5,5%, ma le previsioni sono che non si andrà oltre il 4,5. Secondo quanto ha detto Li, «i progressi non sono soddisfacenti». Nel primo trimestre l'incremento del Pil cinese su base annua è stato del 4,8%, e in molte province la riapertura delle attività è ferma al 30%, contro l'8% che ci vorrebbe. Martedì Li ha reso noto un piano di stimolo in 33 punti che dovrebbe «stabilizzare l'economia a partire dal secondo trimestre» (aprile-giugno 2022) e gettare «solide fondamenta» per una più forte ripresa nella seconda metà dell'anno, da realizzarsi attraverso un mix di investimenti infrastrutturali, tagli alle tasse e sussidi ai lavoratori. Ma c'è molto scetticismo sulla possibilità che questo piano possa avere effetti importanti. Tra l'altro, l'idea era che a Li come primo ministro sarebbe successo Li Qiang: segretario del Partito di Shanghai e alleato di Xi. Ma il disastro del Covid in città lo ha messo fuori dai giochi. 

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