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Mario Draghi, il triplo gioco che mette a rischio l'Italia: cosa non vi dicono sul viaggio in Israele

Mario Draghi

Carlo Nicolato
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Draghi a tutto campo si sarebbe detto una volta usando un consunto paragone calcistico, da Israele alla Palestina e poi in Turchia passando per Kiev. Il piede in troppe scarpe verrebbe piuttosto da dire, in nome della pace e degli affari. Gas e pace per l'appunto, ma prima di tutto una visita al museo dell'Olocausto il cui silenzio, ha detto il presidente del Consiglio, «possa esserci di aiuto per affrontare la violenza dei nostri tempi». L'Italia, ha poi ricordato per l'occasione, «è impegnata con forza nella difesa della dignità umana, nel rigetto di ogni forma di odio, nel rifiuto di ogni discriminazione e nella ricerca della pace», riferendosi in particolare alla guerra in Ucraina ma anche all'eterno conflitto degli israeliani con i palestinesi.
Incontrando il premier Naftali Bennett ha detto che «Israele rappresenta per l'Italia un Paese amico, un partner fondamentale. I nostri rapporti sono stretti e si sono rafforzati ulteriormente negli ultimi anni in ambito sanitario, economico, commerciale» confermando come durante la pandemia ci sia stata una stretta collaborazione tra i due Paesi. «Vogliamo che questa collaborazione in campo medico e scientifico prosegua e si estenda anche a molti altri campi» (sono stati stretti accordi per 17 milioni). Tra questi certamente il più importante è il gasdotto, il Leviathan, che dovrebbe portare nuove forniture verso l'Italia secondo un piano di diversificazione che punta a sganciare l'Italia dalla dipendenza del gas russo. Si parla del prossimo futuro, perché per trasportare il gas servono infrastrutture.
 

 

LE INCOGNITE Nel frattempo l'Italia dovrà ancora fare incerto affidamento su quello russo che non è detto il prossimo inverno sia sempre disponibile. Gazprom ha infatti appena ridotto del 40% le forniture all'Europa e ciò rende praticamente impossibile per gli europei riempire i serbatoi di stoccaggio del gas almeno fino all'80% o, come in Germania, anche al 90% prima dell'inverno. Con l'arrivo del freddo l'Europa rischia di rimanere senza riserve e quindi in completa balia della Russia ferita, in attesa che i piani alternativi, tra cui quello italiano, diventino operativi. L'urgenza del momento però è il grano per il quale si devono approntare «dei corridoi sicuri per il trasporto» in quanto «tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e a quel punto potrebbe essere impossibile conservarlo». Dopo aver dunque testimoniato l'immensa amicizia dell'Italia a Israele il premier Draghi ha passato il confine insanguinato e si è recato in Palestina, a Ramallah, dove ha incontrato il Primo Ministro Palestinese, Mohammad Shtayyeh al quale ha rammentato «l'ottimo rapporto tra i nostri Paesi», nonché il fermo impegno dell'Italia nel processo di pace tra Palestina e Israele. E dove peraltro ha firmato delle intese bilaterali su occupazione giovanile, conservazione del patrimonio culturale, statistica applicata al settore agricolo e salute. Dal canto suo Shtayyeh non ha potuto che ringraziare Draghi definendolo «grande amico della Palestina», specie per quella assicurazione ricevuta sui fondi Ue per il 2021 che la Von der Leyen ha detto che arriveranno con rapidità, ma gli ha anche rammentato «l'escalation israeliana verso il nostro popolo» e la «soluzione dei due Stati».
 

 

IL GASDOTTO Il Leviathan dovrebbe portare nuove forniture secondo un piano di diversificazione che punta a sganciare l'Italia dalla dipendenza dal gas russo. Ma il Cremlino attraverso Gazprom ha già ridotto del 40% le proprie consegne ai Paesi europei e questo renderà molto difficile riempire i serbatoi di stoccaggio all'80 o al 90% prima del prossimo inverno Di pace e di grano Draghi andrà a discutere anche nella capitale dell'altro teatro di guerra, cioè Kiev, insieme al presidente ucraino Zelensky il quale, siamo sicuri, non proporrà certo la soluzione dei due Stati. Draghi ha ancora in tasca il suo articolato piano che ha lasciato fredda Mosca ma la presenza del cancelliere tedesco Scholz e del presidente francese Macron all'incontro fa presagire che all'Ucraina potrebbe essere offerta una via preferenziale per l'Europa in cambio di qualche concessione a Putin. Un altro piede Draghi lo andrà a mettere il 5 luglio nella Turchia di Erdogan, che un tempo aveva definito "dittatore" (e l'altro gli aveva risposto dandogli del "maleducato"). I dittatori però, come i nemici degli amici, possono anche improvvisamente diventare degli illuminati democratici se si hanno degli interessi comuni, in questo caso la pace tra Russia e Ucraina. Un nobile intento, d'accordo, ma Erdogan e Draghi avevano iniziato a fare la pace già da prima, lo scorso autunno, quando i due avevano ricominciato a stringersi la mano e a dialogare su temi come l'Afghanistan e soprattutto la Libia. Stavolta c'è da risolvere la crisi in Ucraina con Erdogan, che insieme a Bennett si è speso più volte in prima persona nel tentativo di ritagliarsi un ruolo di insperato pacificatore. 

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