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Vladimir Putin, l'appello nascosto: a chi si è rivolto per rovesciare il nostro Paese

Fausto Carioti
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Sono lontanissimi i tempi in cui Vladimir Putin diceva che «la Russia fa parte della cultura europea. E non posso immaginare il mio Paese isolato dall'Europa e da quello che spesso chiamiamo "il mondo civilizzato"» (intervista alla Bbc, marzo del 2000). Adesso, nelle parole del presidente russo, per l'Europa e ciò che essa rappresenta ci sono solo minacce, frammischiate ai semi da cui spera che nascano rivolte contro i leader che pochi mesi fa chiamava amici: se la popolazione e le imprese di quei Paesi soffrono, dice Putin, la colpa è dei loro governanti, che per questo avranno vita breve. 

 

Eppure il capo del Cremlino ieri ha parlato all'assemblea del Forum economico internazionale di San Pietroburgo, che in teoria è la vetrina con cui la Russia si presenta agli investitori di tutto il mondo. L'avamposto russo della globalizzazione, una sorta di Davos sul fiume Neva. Avrebbe dovuto essere un momento di apertura, l'occasione in cui il Paese e il suo leader mostrano al mondo il loro lato più rassicurante. E gli altri anni, infatti, era andata così. Stavolta è stato l'opposto: un elenco di messaggi destinati alla popolazione russa e ai "putiniani" sparsi per l'Europa, l'annuncio che un nuovo ordine mondiale è alle porte e che le élite europee e statunitensi stanno per finire schiacciate da «un'ondata di populismo» e dalla «crescita di movimenti radicali estremisti».

Un'altra dichiarazione di guerra all'Occidente, più esplicita di quella del 24 febbraio, proprio perché stavolta, nel discorso di Putin, c'è anche un appello niente affatto velato alla popolazione europea, affinché se la prenda con chi la governa.

NOSTALGIA DELL'URSS
L'elenco dei leader presenti fotografa questa distanza. In anni recenti, al forum pietroburghese sono passati il presidente francese Emmanuel Macron, il premier giapponese Shinzo Abe, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi, i vertici di decine di altri Paesi occidentali, della Ue e di ogni organismo internazionale importante.

L'ospite top di questa edizione è invece il primo ministro cubano Manuel Marrero Cruz, reperto archeologico di un'amicizia antica. A lui e agli altri, Putin ha annunciato «la fine dell'era dell'ordine unipolare». La sua lingua è tornata a battere sul punto che lo ossessiona da sempre: il crollo di quella Unione Sovietica i cui confini e la cui sfera d'influenza sta cercando di ripristinare. «Dopo aver dichiarato la vittoria nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si proclamarono messaggeri di Dio sulla Terra, senza alcun obbligo e solo con interessi dichiarati sacri». Ma tutto questo è giunto alla fine, avverte il presidente russo, perché «negli ultimi decenni si sono formati nuovi centri potenti», i quali hanno «il diritto di tutelare la loro sovranità nazionale».

Come sta facendo la Russia in Ucraina con la sua «operazione militare speciale», che lui ovviamente continua a chiamare così. «Una decisione volta a proteggere i nostri cittadini, residenti delle repubbliche popolari del Donbas, che per otto anni sono stati oggetto di genocidio da parte del regime di Kiev e di neonazisti che hanno ricevuto la piena protezione dell'Occidente».

Fenomeni che l'Europa e gli Stati Uniti non hanno capito, come confermano «l'attuale tornata di russofobia in Occidente e le folli sanzioni contro la Russia». Questo «distacco dalla realtà», avvisa Putin nella parte più minacciosa del suo discorso, «porterà inevitabilmente ad un aumento del populismo e dei movimenti estremisti e radicali, a grandi cambiamenti socioeconomici, al degrado e ad un cambiamento delle élite a breve termine. I partiti tradizionali stanno perdendo ovunque.

Nuove entità stanno emergendo, ma hanno poche possibilità di sopravvivenza se non sono molto diverse da quelle esistenti». Chi in Occidente vuole andare al potere e restarci, dunque, deve avere nei confronti della Russia un approccio opposto rispetto a quello che hanno i partiti storici.

 

L'APPELLO AGLI AMICI
Bene informato dal suo apparato sul malumore di una parte della popolazione europea riguardo ai costi delle sanzioni (malumore che gli stessi servizi russi contribuiscono a fomentare), Putin getta altra benzina sul fuoco. Sostiene che «l'Unione Europea ha completamente perso la sua sovranità e le sue élite ballano al ritmo di qualcun altro, danneggiando la propria popolazione. I veri interessi delle persone e delle imprese nazionali vengono spazzati via». Nella sua ricostruzione, «l'aumento dei prezzi, l'accelerazione dell'inflazione, la carenza di cibo e carburante, la benzina e i problemi nel settore energetico» sono il risultato non del blocco delle esportazioni ucraine e della manipolazione dei prezzi degli idrocarburi da parte della Russia, iniziata già prima dell'invasione, bensì «di errori a livello di sistema fatti dalla attuale amministrazione statunitense e dalla burocrazia europea». E i costi affrontati dalla Ue per imporre le sanzioni, avverte, «quest' anno potrebbero superare i 400 miliardi di dollari».

Un discorso non diretto agli investitori, quindi, ma alla popolazione russa (noi siamo dalla parte giusta della Storia e vinceremo) e agli amici rimasti alla Russia. Quelli solidamente al comando nelle dittature (tra cui il presidente cinese Xi Jinping e l'egiziano Abdel Fattah el-Sisi, che comunque hanno preferito restare in patria e seguire l'evento in videoconferenza) e quelli oggi all'opposizione in Occidente, pronti domani a ribaltare i rapporti di potere. I quali, casomai lo ignorassero prima, ora sanno che a Mosca c'è chi non aspetta altro e sta arando il terreno per loro

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