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Shinzo Abe, servizi segreti e Cina: tutte le piste dietro al suo assassinio

Renato Farina
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L'agghiacciante assassinio di Shinzo Abe sta passando serenamente come un episodio di tipico stampo giapponese. La persistenza in quella società di oscure sacche di perversioni, dove si mescolano tradizione e follia, sarebbe il bosco predestinato alla nascita di questo fungo velenoso. Nessuna trama. Una faccenda locale, che non c'entra con le onde sismiche che stanno travolgendo l'ordine mondiale. A costo di passare per complottisti, non la beviamo. È vero, tutto cospira a chiudere il caso come un episodio da manuale del vizio giapponese di usare la spada per risolvere le divergenze politiche. La figura dell'attentatore, Tetsuya Yamagami, con le sue dichiarazioni da squilibrato, la confessione teatrale, l'arma del delitto confezionata artigianalmente, eppure la presenza di un arsenale nella sua minuscola dimora nella stessa città di Nara dove si è consumato l'attentato, sembrano costruite su misura per chiudere il caso, confinandolo nella mente di un invasato di miti medievali e sconfitte personali, caso psichiatrico, senza complici.

 

 

I primi riscontri ufficiali, e persino quelli informali dei servizi segreti di Tokyo ai colleghi della Nato, di cui sono partner esterni, non si discostano da questo cliché francamente un po' troppo folkloristico per essere convincente. Insomma, saremo dei matti anche noi come Tetsuya Yamagami, il killer, ma costui ha funzionato come un missile molto più intelligente di quelli che vediamo all'opera nello scenario ucraino. Cacio sui maccheroni per le strategie di chi? Seneca è ancora lì a proporci l'eterna domanda: a chi giova? Abe sulla scacchiera era il cavallo che poteva tentare mosse imprevedibili. Nemico aperto della Cina per le sue pretese di egemonia su Asia e Oceania, ma amico di India e in passato della Russia (a suo tempo aveva concesso a Putin aperture simili a quelle di Silvio Berlusconi), guardato come un rompiscatole da Joe Biden, che Abe ad aprile di quest'anno criticò ruvidamente per la sua «ambiguità strategica» in un articolo che ebbe diffusione mondiale (in Italia su Repubblica). È un caso se pochi giorni dopo, non si sa se convintamente o meno, gli Usa gli obbedirono con un certo fastidio per non trovarsi contro l'uomo ancora oggi - anzi ieri! - più influente del Giappone, dalle tante, forse troppe vite.

SEGUITE IL DENARO
Qui formuleremo alcune ipotesi, come dicevano gli investigatori di una volta, senza trascurare alcuna pista esterna o interna. Oltre a Seneca, ci soccorre Giovanni Falcone che diceva: seguite il denaro. Vale per i singoli ma anche per gli Stati e chili comanda. Diciamo subito che due fatti ci hanno iniettato il dubbio a proposito della esagerata evidenza dell'assenza di complotti. Il primo è stato il fiorire su molti siti occidentali dell'aneddotica sui delitti politici in cui quest'ultimo si incastrava millimetricamente come tessera di un mosaico progettato da secoli dal fato. Fino a incorrere in errori madornali per l'esagerazione entusiasmo. Cosi corriere.it arriva a inventarsi un omicidio con tanto di citazione del New York Times, lo precedono o seguono a ruota i siti più disparati (insideover.com). Scrivono e diffondono da via Solferino: «Nel Sol Levante l'assassinio politico per secoli è stato considerato una forma "estrema ma accettabile" di protesta politica. Così scrive il New York Times il 26 febbraio 1936, all'indomani dell'uccisione di Tatsukichi Minobe, docente all'Università Imperiale di Tokyo. La sua colpa? Minobe aveva pubblicamente messo in dubbio lo status di divinità attribuito al Tenno». Una notizia forse esagerata, molto utile a confermare la teoria.

 

 

Piccolo controllo. Pag.10 del NYT del 21 febbraio 1936: «Il liberale giapponese, dr. Minobe, è stato colpito. Il padre della teoria dell'imperatore come "organo dello Stato", che aveva suscitato polemiche, è stato leggermente ferito». Secondo la Treccani, in realtà Minobe morì placidamente dodici anni dopo. Vero è che la spada in Giappone è sempre stata considerata una extrema ratio persino nobile per risolvere conflitti politici. Ma qui gatta ci cova. La seconda spina nel fianco delle certezze arriva da Mosca. Dove la arci-famosa Maria Zakharova, portavoce di Sergej Lavrov, si lascia andare, prima ancora che Abe sia dichiarato morto, a due formule: «crimine mostruoso» e «atto di terrorismo». Anche le parole di Vladimir Putin appaiono tese a suscitare interrogativi sul mandante: «perdita irreparabile» quella di Abe. Che cosa sanno i servizi russi? Oppure più banalmente vale l'adagio popolare «la gallina che canta ha fatto l'uovo»?

MEGLIO DEI SICARI
I pazzi funzionano meglio di killer professionisti, specie se magari individuati, discretamente pilotati, controllati e poi lasciati liberi di agire da forze di sicurezza corrotte o infiltrate... Possibile sia stato lasciato a tal punto alla mercé in un momento di conflitto ormai mondiale dove la vittima si era esposta come non mai. Dal Giappone spiegano che la violenza è rara nelle strade e nei dibattiti pubblici del Giappone di oggi. La stampa locale riferisce: «Nel quartiere di Shibuya, dove vive, Shinzo Abe è stato visto spesso con la moglie e il loro cane, senza alcuna particolare sicurezza. "Lo vedevamo spesso per le strade di Tokyo. Una volta, mia figlia era tra i bambini che portavano il tempio portatile a una festa locale. Distribuiva dolci con sua madre, senza che ci fosse la polizia", ricorda un ex vicino di casa». Poteva sfuggire ai servizi delle super-potenze tanta superficialità? Senza escludere nulla, nemmeno la casualità, notoriamente sempre dalla parte dei cattivi, l'a-chi-giova-di-più chiama in causa la Repubblica popolare cinese, magari attraverso gli specialisti della Corea del Nord, arcinemica di Abe e della sua determinazione a organizzare una capacità di resistenza e di replica alle minacce comuniste cino-coreane assai maggiore dell'attuale premier nipponico, l'alquanto moderato Fumio Kishida. Il quale temeva che il suo antico sponsor Abe gli facesse le scarpe, anzi le pantofole.

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