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Generale Jean, "cosa prevede l'algoritmo". La bomba sulla guerra in Ucraina

Maurizio Stefanini
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Gli algoritmi ormai dominano la nostra vita, da quelli che ci propongono i post da vedere su Facebook a quelli che ci inviano pubblicità un base alle nostre ricerche su Google. Negli Stati Uniti avrebbero ora trovato un algoritmo in grado di prevedere i risultati delle battaglie. Ne parla l'Economist nel suo ultimo numero. «Gli sviluppatori di software aspirano a prevedere chi vincerà una battaglia. Il conflitto in Ucraina e la tensione altrove significano che la domanda è alta», è il titolo. «Un software dedicato a questo scopo è il Major Combat Operations Statistical Model, mcosm, sviluppato dagli ingegneri della Naval Postgraduate School a Monterey, California». Esegue algoritmi basati su dati su 96 battaglie e campagne militari combattute tra l'ultimo anno della prima guerra mondiale e i giorni nostri.

 

 

 

«Quando ha fornito informazioni sulla spinta iniziale della Russia per impadronirsi di Kiev e soggiogare l'Ucraina, iniziata il 24 febbraio, il modello prevedeva, su una scala da uno a sette, "successo operativo" per l'attaccante e il difensore, rispettivamente, di due e cinque».
Ma è davvero possibile una previsione del genere? Lo chiediamo al generale Carlo Jean, che fra tante cose è stato anche consigliere militare del presidente Cossiga.
«A mio avviso è aria fritta, per lo meno per il combattimento terrestre. Può avere significato quando lo scontro è tra sistemi tecnologici. Per esempio, tra missile e antimissile la simulazione è molto più credibile. Ma è praticamente impossibile fare una simulazione preventiva nel combattimento terrestre, dove contano elementi come la sorpresa, il morale, il fattore umano, il fiuto del comandante, il fatto che un contendente cerca di sorprendere l'altro e quindi mantiene segrete le proprie mosse, le proprie forze, il proprio schieramento. Si può al massimo fare una simulazione successiva, per ricostruire un evento storico».

 

 

 

 

Per esempio?
«Possiamo capire che la puntata verso Kiev non è stata fermata dall'esercito regolare ucraino. È stata fermata dalle milizie territoriali che erano addestrate a fare guerra di guerriglia. L'esercito, invece, praticamente era rimasto paralizzato. Molto verosimilmente, perché i comandanti erano stati comprati dai russi».
Nel suo "Ciclo della Fondazione" Isaac Asimov immaginò la Psicostoriografia: l'utilizzo di modelli matematici per prevedere la Storia futura in genere.
«Il modello matematico è troppo rigido. Anche considerando 60 variabili, resta esplicativo dopo che il fatto è avvenuto. Non è predittivo, a meno che non siano fattori dominanti elementi come quello tecnologico, la qualità e potenza degli armamenti, la precisione. I modelli matematici, poi, hanno il grosso inconveniente che prevedono una forte centralizzazione. Ma la centralizzazione va bene per l'impiego delle armi strategiche. Non per l'impiego delle brigate, dei battaglioni, delle compagnie, e tanto meno dei plotoni e delle squadre, in cui è importante l'iniziativa e il decentramento. Per questo nella prima fase della guerra gli ucraini sono stati decisamente superiori ai russi e al loro modello centralizzato. I russi hanno reagito in un secondo tempo modificando la loro tattica, attraverso una guerra di logoramento fondata soprattutto sul fuoco dell'artiglieria».
I Big Data cambiano qualcosa? 
«Come modello esplicativo sì, soprattutto se è probabilistico e non è deterministico. Ma pretendere che un modello possa coprire tutte le variabili, è impossibile. Ad esempio, chi vede il compagno vicino a lui prendere una pallottola è imprevedibile se avrà paura o si arrabbierà. Ma se si arrabbia combatte meglio».
Dall'Economist sembra di capire che i comandi americani facciano effettivamente affidamento su questo tipo di software... 
«Probabilmente, perché servono a vendere armi».
Quindi uno spot pubblicitario?
«Soprattutto».
 

 

 

 

Ma sarebbe stato possibile prevederla la resistenza ucraina?
«Non la prevedevano neppure gli americani, tant'è che hanno offerto a Zelensky di portarlo via all'estero già il 25 febbraio, il giorno dopo l'attacco. E le armi letali che avevano dato agli ucraini erano minime. Praticamente solo i 50 milioni di dollari di Javelin dati nel 2017. Ma quando hanno visto che gli ucraini invece si difendevano li hanno subito riempiti di armi. In particolare, la puntata su Kiev è stata vinta non da armi sofisticate ma da armi controcarri leggere fornite dall'Inghilterra e dalla Svezia».
Che hanno fatto parlare di una fine dell'epoca del carro armato.
«Non è la fine del carro armato. Sicuramente le nuove armi controcarro cercano di utilizzare il punto più debole dei carri armati, che è la parte superiore. Nei carri armati russi la parte superiore del carro armato è poco corazzata, e poi non esiste separazione tra il comparto delle munizioni e l'equipaggio. Per cui quando sono colpiti da un'arma controcarro anche leggera le munizioni scoppiano e il carro armato salta in aria».
A questo punto, si possono fare previsioni?
«È estremamente difficile. La vulnerabilità ucraina è l'afflusso delle armi occidentali e il fatto che l'Occidente mantenga una sufficiente unità. La vulnerabilità russa è la mancanza di personale, che obbliga i russi a impiegare massa di artiglieria e pochissima fanteria. Se gli ucraini riescono a infliggere forti perdite alla fanteria russa i russi prima o poi devono mollare». 
L'artiglieria conquista, la fanteria occupa. Se non c'è fanteria, non occupa...  
«Se non hanno la fanteria, non riescono a proteggere neppure i carri armati, che in terreni boscosi e nei centri abitati sono vulnerabili all'azione di guerriglia di piccoli nuclei di fanteria con armi controcarro. E poi gli ucraini stanno mostrano uno stoicismo enorme. Nel Donbas i russi sparavano 70.000 colpi al giorno, gli artiglieri ucraini sui 7-8000. Quindi 1 a 10. La fanteria ucraina stava trincerata nei bunker, subiva perdite notevoli, però non mollava, e quando veniva la fanteria russa gliela faceva pagare cara. Questo spiega la lentezza con cui avanzavano i russi». Verdun e il Piave? «Sì. È una guerra tipo l'Hermada, il Carso o Verdun».

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