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Donetsk, "contro chi sparano": racconto-choc, la città più pericolosa al mondo

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Daniele Dell'Orco
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I grandi portoni di ferro che conducono ai sottoscala dei palazzoni in stile sovietico disseminati in tutta Donetsk sono aperti 24 ore al giorno. Nell'angolo, il grigio del calcestruzzo viene squarciato da una scritta rossa che indica la direzione del "rifugio", cosicché, chi si dovesse trovare a camminare al momento dell'arrivo di un colpo d'artiglieria o di un missile, avrebbe un paio di secondi al massimo per provare a correre lì dentro. A patto che senta arrivare "il fischio" che anticipa la collisione. A Donetsk, infatti, gli allarmi antiaerei non esistono. Ci sono app e gruppi Telegram che avvisano del pericolo di bombardamenti o che ne tracciano gli arrivi in tempo reale. Ma dover attivare una sirena ogni mezz'ora non avrebbe senso. Talvolta, a segnalare il pericolo ci pensano le campane della cattedrale ortodossa di Svyato-Preobrazhenskiy.

 

 

CON L'ELMETTO
Essendo una delle due capitali dei separatisti filorussi, dal 2014 Donetsk è una «città con l'elmetto». Ma a differenza della sua gemella ribelle Lugansk, l'agglomerato urbano di Donetsk non "si trova" vicino alla prima linea del fronte, "è" la prima linea del fronte. Soprattutto alcuni distretti ad Ovest e a Nord-Ovest del centro sono così vicini alle postazioni dell'esercito ucraino da essere a tiro di cecchino. La vox populi vuole che i tiratori scelti di Kiev abbiano a possibilità di riconoscere gli abitanti dai mirini dei loro fucili. È anche una sorta di metafora utile a far intendere che le due linee nemiche non sono mai state davvero a 1,5 chilometri di distanza come previsto dagli accordi di Minsk. E, soprattutto, che un cessate il fuoco non è mai stato rispettato. In alcuni distretti della città, come Petrovsky e Kievsky, può capitare che autisti dei piccoli e a dir poco datati mezzi pubblici guidino con casco, visiera e giubbotto antiproiettile. I quali non garantiscono salvezza nel caso succedesse il peggio. E il peggio succede. Molto spesso.

 

 

Ecco perché anche i ragazzi nati e cresciuti a Donetsk quando devono recarsi lì, se è proprio indispensabile, se ne fregano dei limiti di velocità. Il problema è che diverse decine di migliaia di persone quei quartieri li chiamano ancora casa: «Io da qui non posso andare via», spiega a Libero Igor, un reporter locale « dobbiamo prenderci cura dei nostri anziani, o non abbiamo soldi per andare altrove, o qualcuno pronto ad accoglierci». Per necessità, si sono abituati al peggio. A pensarci due volte prima di riparare il vetro di una finestra esploso nel cuore della notte, a "leggere" il momento meno movimentato al fronte per uscire a sbrigare le commissioni, a imparare a riconoscere i colpi in partenza e quelli in arrivo. Persino i bambini sanno farlo. A febbraio, però, per quanto possa sembrare impossibile, la situazione è addirittura peggiorata. Un altro giornalista locale, Denis, in un bar del centro, dove a marzo un missile ucraino Tochka-U diretto chissà dove e intercettato dalla contrarera sparse al suolo i propri detriti uccidendo oltre 20 civili (l'Ucraina ha sempre negato ogni responsabilità), con un sorriso amaro dice: «Prima bastava non visitare alcuni posti, ora grazie ai vostri "aiuti" può cadere qualsiasi cosa pure qui adesso». Si riferisce agli obici, ai sistemi lanciarazzo e alle munizioni che l'Occidente ha fornito all'esercito di Kiev.

 

 

PAPPAGALLI VERDI
Non era occidentale, invece, il colpo, probabilmente un razzo sovietico "Uragan", che sabato notte è stato intercettato sulla città carico di mine antiuomo PFM-1: i "pappagalli verdi". Ieri mattina, sebbene i russi abbiano schierato i loro robot Uran-6 per lo sminamento (e per fare un po' di scena), dopo una passeggiata nella centrale via dell'Università ne abbiamo trovate una ventina inesplose. Erano ancora sui pianerottoli, nei parchi, sul ciglio della strada. Su Telegram sono partite sfide tra "impavidi" per mostrare i propri metodi rudimentali per farle brillare, una signora anziana pensando fosse un frammento se ne è messa una in borsa (si attiva con una pressione di 5kg), i cani randagi le schivano per miracolo. Nuovi pericoli e nuove criticità. Un inedito. Persino per la città più pericolosa del mondo. 

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