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Alberto Forchielli, la profezia: "Ecco come i cinesi ci sventreranno"

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Lorenzo Mottola
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No, il gas russo non è l'unico problema dell'Europa. Il nostro deficit tecnologico rispetto ad Asia e Stati Uniti è pesante e non è esagerato affermare che in caso di tensioni internazionali alcune filiere industriali, come quella dell'automobile, rischiano la completa paralisi. Anni fa la Cina veniva dipinta come il futuro eden per le nostre esportazioni, ma si tratta di una leggenda: vendiamo sempre meno a est e siamo sempre più dipendenti dalle merci orientali. È la ragione per cui le mosse di Pechino di questi giorni - il presidente Xi Jinping uscirà dalla Cina per la prima volta dopo due anni per incontrare Putin e altri leader asiatici - dovrebbero suonare come un immenso campanello d'allarme. «Alla fine, soprattutto con la virata verso l'elettrico, i cinesi ci sventreranno», spiega Alberto Forchielli, economista e imprenditore che dagli anni '90 studia l'economia del Paese più popoloso al mondo. «È tempo che ci si renda conto che parliamo di un mercato ostile».

 

 

 


 

STRATEGIA DI CONQUISTA Il piano del colosso orientale è semplice: dominare il mondo attraverso il denaro, il controllo delle materie prime e dei prodotti ad alta tecnologia. I cannoni sono roba da russi e spesso fanno cilecca, come dimostrano i recenti rovesci dell'"operazione speciale" in Ucraina. Serve una politica moderna, che ha anche il suo novello Cesare, ovvero lo stesso Xi. C'è anche la data dell'incoronazione, 14 ottobre, giorno del congresso del partito comunista. Il leader verrà confermato alla presidenza. E siamo al suo terzo mandato. «Di fatto diventerà dittatore a vita», continua Forchielli, «e coronerà il suo sogno imperiale». E questo attraverso una strategia che si snoda su più livelli diversi. Due in particolare.

La prima parte del piano riguarda la politica estera. La Cina, al contrario degli Stati Uniti, non è mai riuscita a intessere una rete forte di alleanze, ma tutto questo sta rapidamente cambiando. In questi giorni si tiene a Samarcanda la tre giorni dello Shanghai Cooperation Organization (Sco). Ci sarà anche Xi. E continuerà il lavoro iniziato al XIV incontro fra i leader dei "Brics" (acronimo che sta per Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che si è svolto in luglio a Pechino. L'evento clou in agenda della settimana: l'Iran dovrebbe entrare nello Sco. Non è una rivoluzione, ma sicuramente è un segnale deciso a Washington: finora erano arrivate solo frenate sulla domanda di adesione di Teheran, per non dare rendere espliciti i piani. Cosa che invece la Russia ha sempre auspicato. Dopo la crisi di Taiwan, è arrivata la svolta. La tappa successiva sarà l'India, che la Cina vuole nella sua orbita.
 

 

 

 

LE MATERIE PRIME La seconda parte del piano riguarda invece il mercato interno. Il governo di Pechino sta lavorando al perfezionamento della cosiddetta "economia circolare", il che semplicemente significa rendersi totalmente indipendenti dagli stranieri dal punto di vista economico. «Gli imprenditori asiatici si sono accaparrati tutte le risorse critiche per fare batterie», spiega Forchielli, «e oltre a questo controllano la produzione di nichel, litio, cobalto, terre rare, tutte materie necessarie a produzioni di alto valore aggiunto». Il tema è quello dei semiconduttori di cui Taiwan, con una quota del 60%, è il maggior produttore al mondo. Poi vengono gli Usa e la Cina stessa. In Europa, invece, non esiste una Silicon Valley. E con il bando delle vetture a combustione tradizionale rischiamo grosso. «I cinesi inonderanno il nostro mercato con le loro automobili, a metà prezzo», avvisa Forchielli. Ci stiamo consegnando al nemico, come successo per la Russia. Soluzioni? «Le imprese devono reagire», insiste l'economista, «bisogna capire che la Cina è un mercato ostile, non amico». E sempre più aziende occidentali stanno battendo in ritirata dall'Asia. «Stanno rimpiazzando il personale europeo con personale cinese. Portano il partito all'interno dell'azienda, dopodiché voglio vedere cosa si riesce a combinare...». 

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