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Putin, la minaccia dopo il ponte di Kerch: "C'è desiderio di vendetta"

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L'attacco al ponte di Kerch, in Crimea "è opera dei servizi speciali dell'Ucraina", che hanno commesso "un atto di terrorismo" contro "un'infrastruttura civile critica della Russia". Vladimir Putin rompe il silenzio e accusa pubblicamente Kiev dopo che nella giornata di sabato 8 ottobre il ponte che collega Russia-Crimea ha preso fuoco. Anche per Alexander Bastrykin, presidente del Comitato investigativo di Mosca, quanto accaduto altro non è che un'operazione di intelligence in cui sono stati "coinvolti cittadini russi e stranieri". 

Intanto secondo Bastrykin gli investigatori e gli agenti del Servizio di sicurezza federale (Fsb) sarebbero già stati in grado di identificare i sospetti coinvolti "nell'attacco terroristico" al ponte: "Abbiamo già stabilito il percorso del camion che ha causato l'esplosione. È partito dalla Bulgaria, poi ha fatto tappa in Georgia, Armenia, Ossezia del Nord e Krasnodar. Con l'aiuto degli ufficiali operativi dell'Fsb, siamo riusciti a identificare dei sospettati tra coloro che potrebbero aver perpetrato l'attacco terroristico". Se sia realmente così o sia un modo per lanciare il messaggio di una Russia e una Crimea capaci di trovare subito i colpevoli non è dato sapersi.

Certo è che queste frasi lasciano presagire che Mosca risponderà. A confermarlo Serghei Aksyonov, leader filorusso in Crimea: "Naturalmente - ha minacciato - si sono scatenate le emozioni e c'è un sano desiderio di vendetta". A tentare di scatenare la catastrofe, il capo della Casa Bianca Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che in una telefonata hanno criticato i recenti "gesti minacciosi" dello zar sul nucleare e "sono stati concordi sul fatto che un passo del genere provocherebbe conseguenze straordinariamente gravose per la Russia".

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