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Xi Jinping, Cina sconvolta dallo striscione sul cavalcavia

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Un incendio a Pechino e due striscioni scritti a mano su un cavalcavia autostradale (il ponte Sitong) che chiedevano le dimissioni del presidente Xi Jinping, definito "dittatore e traditore" e la fine delle politiche zero-Covid. Uno degli striscioni di protesta appesi al ponte chiamava alla mobilitazione nelle scuole e nei luoghi, mentre sull'altro c'era scritto "Non vogliamo test PCR, vogliamo cibo, non vogliamo lockdown, vogliamo libertà". "Non vogliamo figure di spicco, vogliamo votare, non essere uno schiavo ma un cittadino", c'era anche scritto, secondo le immagini pubblicate su Twitter.

 

 

 



Sono queste le uniche prove di protesta in Cina in occasione del ventesimo Congresso del Partito comunista, l'evento più atteso e importante degli ultimi anni, in programma dal 16 ottobre. Timidi cenni di protesta, che però hanno scatenato la furia della censura cinese. Le foto e i video dei due striscioni accanto alla colonna di fumo sono infatti rimbalzate su Internet in Cina.

 

 

 

 

Migliaia di utenti WeChat che hanno condiviso le foto della protesta, giovedì si sono visti bloccare i loro account: alcuni per 24 ore, altri invece hanno ricevuto avvisi che sono stati permanentemente bannati dall'app di proprietà di Tencent. Un'app che è essenziale per la vita quotidiana nel Paese Cina. A fare il punto sulla censura in Rete nei giorni che precedono il Congresso è stato il Financial Times. "Cancellare una presenza sui social media è una tortura - ha detto alla testata un designer di 27 anni - ho perso le connessioni con molte persone. Ho perso i ricordi. Ho perso le possibilità". 

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