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Vladimir Putin, per fermare i suoi orrori in Ucraina c'è solo una via

Vladimir Putin

Iuri Maria Prado
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Qui non ci stiamo dicendo una verità che invece bisognerebbe riconoscere: cioè che se il mondo che ha deciso di mandargliele avesse mandato più armi all'Ucraina, questa si sarebbe difesa meglio e avrebbe raggiunto prima, e più compiutamente, i risultati di contenimento e respingimento dell'aggressione russa. È una verità che non può mancare di riconoscere nemmeno chi riteneva e continua a ritenere sbagliato far giungere agli ucraini, tra gli altri aiuti, anche quello di tipo militare.

 

 

L'Italia, per dire (e ciascuno ha diritto di considerare un merito o una pecca questo dato incontrovertibile), è tra gli ultimi contributori: persino la Lituania, che ha un numero di abitanti pari a Milano, ha mandato agli ucraini più armi di quelle inviate dal nostro Paese. Ma accantonando le statistiche delle forniture: è certo che, se queste fossero state più copiose, l'aggressore avrebbe dovuto fronteggiare una difesa più efficace rispetto a quella che già gli ha procurato notevoli difficoltà. Ed è certo che non fu e continua a non essere la povertà di risorse il motivo per cui i rifornimenti di armi agli ucraini, se non centellinati, sono tuttavia calibrati in base a criteri che hanno poco a che fare con esigenze di budget.

 

 

Chi si oppone in maniera aperta o subdola all'invio di armi ha il pieno diritto di farlo, per quanto contro la certezza che l'alternativa alla resistenza armata non sarebbe stata, e tanto meno sarebbe oggi, la pace di cui si vagheggia: ma il genocidio fisico, civile e culturale del popolo invaso. Chi sta dall'altra parte, comprendendo invece che quelle armi servono, deve riconoscere che non è stato fatto abbastanza, che si poteva fare di più e che ancora si potrebbe e si dovrebbe. Perché ci sarebbero stati meno ospedali bombardati, meno asili inceneriti, meno stupri, meno fosse comuni, meno bimbi deportati, con più armi al popolo aggredito.

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