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Volodymyr Zelensky? Povero lui se governassero Elly Schlein e Giuseppe Conte

Iuri Maria Prado
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È inutile domandarsi cosa sarebbe successo se il presidente ucraino, venendo in Italia, avesse trovato un Paese governato da quelli che hanno perso le elezioni lo scorso autunno: inutile domandarselo perché Zelensky probabilmente non ci sarebbe venuto. 

Se non avesse vinto Giorgia Meloni, avrebbe fatto visita a uno Stato-canaglia, lo Stato dei fascistelli del Movimento 5 Stelle in affascinante avventura di potere con la sinistra dei capilista pro Hamas e delle marce della pace senza bandiere ucraine, l’Italia del vignettismo antisemita e dell’accademia malvissuta che strilla contro le armi se sono quelle Nato perla difesa degli aggrediti e soprassiede se sono quelle iraniane adoperate dagli aggressori per fare strage di civili. Elly Schlein avrebbe ripetuto al presidente ucraino ciò che ella, confidando che non si ingrossassero ulteriormente i ranghi pacifisti del proprio partito, ha detto tremebonda a un giornalista che le scrutinava la linea arcobaleno: e cioè che la scelta di dare aiuto militare alla resistenza ucraina «non era da condannare». 

 

Quel che si dice una rivendicazione a petto in fuori. Mentre per carità di patria evitiamo di speculare sui saluti che Mister Graduidamende avrebbe rivolto al guerrafondaio di Kiev, una bella fanfara sindacal-collaborazionista a colonna sonora dell’avanzata russa libera di denazificare un Paese intestardito a non comprendere che i bambini sono felici anche sotto una dittatura. Zelensky farà visita a un Paese che faticosamente è riuscito a rimanergli amico. Fosse andata diversamente, avrebbe fatto visita a un Paese festosamente nemico.

 

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