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Vladimir Putin terrorizzato, tradimento e arresto: dove non si presenta

Mirko Molteni
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Ce lo si aspettava già da marzo, quando la Corte Penale Internazionale dell'Aja aveva spiccato un mandato di cattura per il presidente russo Vladimir Putin, accusato per la deportazione dei bambini ucraini in Russia.

Ora è il governo di Mosca, per bocca del portavoce Dimitri Peskov, a confermare che Putin non andrà in Sudafrica per il vertice dei paesi BRICS previsto a Johannesburg dal 22 al 24 agosto: «Il presidente parteciperà in videocollegamento e sarà rappresentato in Sudafrica dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov». Decisione presa in accordo col Sudafrica, che sarebbe stato obbligato, suo malgrado, ad arrestare lo “zar”, tanto che il presidente di Pretoria Cyril Ramaphosa ha detto: «La Russia ha chiarito che arrestare il presidente in carica sarebbe una dichiarazione di guerra. Sarebbe incoerente con la nostra Costituzione rischiare di entrare in guerra con la Russia». Senza contare l'assurdità di cozzare con un alleato, dato che nei mesi scorsi è capitato che navi militari sudafricane si addestrassero nell'Oceano Indiano con quelle russe e cinesi. Il vertice BRICS, che raggruppa Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, non sarà certo menomato dal fatto che Putin intervenga in video. Semmai, la vicenda offre all'Ucraina occasione per ironizzare.

Frattanto il capo della compagnia Wagner, Evgenij Prigozhin, è apparso per la prima volta in pubblico dopo l'abortita ribellione dei suoi mercenari contro il Cremlino. Almeno stando a un video, di cattiva qualità, in cui pare di riconoscere Prigozhin che accoglie in Bielorussia i suoi miliziani, ringraziandoli per la fedeltà ed esortandoli ad «attendere il momento per tornare a dimostrare il nostro valore», dedicandosi nel frattempo a potenziare l'esercito di Minsk, «che ci ha accolti non come eroi ma come fratelli».

Ieri è scattato ancora su Kiev l'allarme per droni russo-iraniani Shahed, ma è stata soprattutto Odessa, il maggior porto del paese per l'esportazione del grano, a essere martellata. Una raffica di missili da crociera Kalibr, sparati da navi russe nel Mar Nero e da bombardieri Tupolev in volo, ha danneggiato le strutture del porto, al che il ministro dell'Agricoltura ucraino Mykola Solskyi ha parlato di “bombe sull'export del grano”. Ma è anche vero che il porto di Odessa è nevralgico per tutta una serie di importazioni, anche di armi o carburante. Il ministero della Difesa russo ha ribattuto che i missili sono piovuti «su industrie militari, impianti del carburante e depositi di munizioni nella regione di Odessa, nonché sulla base aerea di Kanatove, nella regione di Kirovgrad».

Dal canto loro, gli ucraini hanno colpito in Crimea un grosso deposito di munizioni russo nel distretto di Kirovske, dove 2000 persone sono state costrette a evacuare la zona, mentre veniva bloccata per sicurezza l'autostrada tra Sinferopoli e Sebastopoli. Per testimoni locali ci sarebbero stati almeno tre ordigni volanti, che il Moscow Times suggerisce possano essere stati missili Storm Shadow forniti a Kiev dagli inglesi. Sul terreno aumentano i problemi per gli ucraini. Mosca ha reso noto ieri che «le forze russe sono avanzate di 1 km in profondità e 2 km in ampiezza sul fronte del Nordest, nella regione di Kharkiv, e hanno catturato la stazione ferroviaria di Molchanovo». 

A Kiev, la viceministra della Difesa ucraina Hanna Maliar ha ammesso: «Il nemico è forte e le nostre truppe si devono muovere in una situazione estremamente difficile». Il generale americano Mark Milley, dice che «l'offensiva ucraina non è un fallimento, ma sarà lunga, dura e sanguinosa», paventando che la guerra possa durare anni. E dalle pagine dell'inglese Daily Telegraph l'esperto Robert Clark ammonisce che «se la controffensiva ucraina fallisce nel recuperare abbastanza territorio prima dell'inverno, Kiev può essere costretta da Mosca a una pace di compromesso e per l'Occidente sarebbe una sconfitta storica».

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