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Sarkozy, l'insulto ad Angela Merkel: "Pusillanime", esplode il caso

Mauro Zanon
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A Parigi non si parla d’altro in questa estate che volge al termine: Le Temps des combats (Fayard), il nuovo libro di Nicolas Sarkozy, opera fiume di 592 pagine dove l’ex presidente della Repubblica francese ripercorre i suoi anni all’Eliseo (2007-2012), distribuendo voti, giudizi e cattiverie ai leader politici che ha incrociato nel quadro delle sue funzioni. Il volume, corredato da una raccolta di fotografie pubbliche e private dell’ex inquilino dell’Eliseo, è il terzo tomo dei suoi mémoires, dopo Passions e Le Temps des tempêtes, ed è ricco di aneddoti saporiti. Come quel terribile pranzo all’Eliseo con il presidente turco Re cep Tayyip Erdogan, con cui non era d’accordo su nulla, sotto lo sguardo costernato dei diplomatici francesi. O co mele sue sbuffate ripetute verso Angela Merkel, di cui critica la «pusillanimità» e l’avversione al rischio. «Accettava di seguire, ma era soltanto una perdita di energia e di tempo», scrive Sarkozy, che con la cancelliera si era reso protagonista di uno degli episodi più infelici del suo mandato, le risatine su Berlusconi e l’affidabilità del suo governo. Fatto sta che, la tanto sbandierata amicizia franco -tedesca, il famoso “motore” dell’Europa, era per Sarkozy «una via crucis tanto importante quanto tediosa».

L’AMERICANO
Nel novembre 2020, l’ex presidente americano Barack Obama aveva emesso un giudizio sprezzante contro il suo omologo francese, definendolo «un galletto che gonfia il petto» e niente più, paragonandolo a «un personaggio uscito da un quadro di Toulouse-Lautrec». Sarkozy, si sa, era soprannominato “l’américain” per la sua attrazione verso il modello presidenziale americano e l’affermazione dell’ancoraggio atlantista della Francia, ma ha sempre sofferto l’ex inquilino della casa Bianca del Partito democratico, che lo trattava con disprezzo. Nei suoi mémoires, evidentemente ancora risentito dal comportamento obamiano, ha definito il premio Nobel per la pace 2009 un tipo «freddo, introverso e che manifesta uno scarso interesse verso tutti quelli che lo attorniano», e descritto nel dettaglio il loro rapporto a mezze tinte, rievocando tra gli altri l’episodio della designazione del danese Anders Fogh Rasmussen come nuovo segretario generale della Nato. La decisione di nominare Rasmussen, all’epoca, rischiò di saltare a causa della Turchia, indispettita dalla pubblicazione delle caricature di Maometto sul Jyllands-Posten in Danimarca. «Quell’episodio mi ha aiutato ad aprire gli occhi sull’importanza che gli americani davano alla Turchia, e fino a che punto erano pronti ad aiutare il loro amico (Recep Tayyip Erdogan, ndr). Barack Obama era disposto a cedere o quantomeno...a lasciar passare un po’ di tempo. Io e Angela Merkel ci siamo opposti con un fronte unito fino a tarda notte perché eravamo certi che fosse una questione di civiltà dalla portata simbolica. Né lei né io eravamo disposti a cedere alla minaccia. Rinunciare a quella nomina significava accettare il diktat delle fatwa. Il campo della ragione ebbe la meglio», scrive Sarkozy nelle sue memorie.

 


LO SCONTRO
Secondo l’ex presidente francese, le relazioni con Obama, che già non erano eccellenti, si degradarono dopo quell’episodio. «Da quel giorno, i miei rapporti con Obama non furono più gli stessi. Facevo fatica a perdonargli una tale mancanza di convinzione su un tema così grave», afferma Sarkò. Condannato in appello a tre annidi prigione per corruzione e abuso d’ufficio lo scorso maggio, fatto senza precedenti per un presidente della Repubblica francese, Sarkozy si è espresso anche sulla guerra in Ucraina, dicendo che la Francia sbaglia a consegnare «armi a flusso continuo a uno dei belligeranti» e prendendo di mira «le posture di convenienza» di quelli che invitano a sostenere l’Ucraina «fino alla fine». «È ragionevole fare la guerra senza farla e portare avanti un conflitto senza preoccuparsi di precisare quali sono gli obiettivi che si cerca di raggiungere?», si interroga Sarkò, giudicando illusorio qualsiasi passo indietro sul piano territoriale, che si tratti della Crimea e del Donbass. In entrambi i casi, Sarkozy suggerisce l’organizzazione di referendum inquadrati dalla comunità internazionale. E Marine Le Pen? «Ha fatto molti progressi e conosce meglio i suoi dossier», ma secondo Sarkozy soffre ancora di una «mancanza di cultura». 

 

 

 

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