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Gatti, piano-choc in Australia: "Specie invasiva", le misure per farli "sparire"

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Daniela Mastromattei
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I gatti non hanno mai rappresentato un problema per l’ecosistema. Eppure l’Australia la pensa diversamente. Per questo intende ridurre drasticamente il numero dei felini da compagnia: «È una specie invasiva», dichiara. La stretta è senza precedenti: coprifuoco notturno, sterilizzazione di massa e limite ai mici che si possono tenere in casa. Viva la libertà. La proposta choc viene direttamente dal governo che è pronto a trasformare queste misure (sproporzionate) in legge. Gandhi direbbe: «La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali».

Il Paese dei canguri (guai a chi glieli tocca) già da tempo ha messo il gatto (essere senziente) tra i principali indiziati per «strage di piccoli mammiferi e di uccelli che non erano stati dotati dall’evoluzione di difese contro quel predatore imprevisto». Introdotto dai coloni europei nel diciottesimo secolo e sembrerebbe responsabile dell’estinzione di 34 specie di mammiferi, mentre altre 57 il governo le considera attualmente minacciate. «Tra le tante specie distrutte dai gatti, una delle più iconiche era il Chaeropus - spiega Sarah Legge, docente di Ecologia alla Australian National University su Repubblica -, un piccolo marsupiale che saltellava come un canguro ma assomigliava a un topolino». Il piatto preferito dei piccoli felini. Da sempre. Non si poteva sperare in un patto di convivenza. Neanche nei cortometraggi d’animazione “Tom e Jerry” diventano amici.

Per il filosofo scozzese Thomas Brown i mici come tutte le creature nobili si dilettano nella caccia e nella pesca, ma detestano ogni tipodi esercizio fisico. Sono creature affascinanti, misteriose e pigre, dormono per la maggior parte del tempo («Non c’è alcuna necessità di sculture in una casa in cui vive un gatto», parola di Wesley Bates), ma riescono ad avvertire la presenza di una zanzarina nella stanza accanto. Sono delle tigri in miniatura, in una frazione di secondo arrivavo sull’insetto con un salto. Tuttavia, non inseguono mai la preda fino allo sfinimento, quando il gioco si fa complicato e richiede troppe energie abbandonano. Animali di Dio e amati dagli intellettuali (immancabili sulle scrivanie di scrittori come Lovecraft e Hemingway), non hanno mai completamente superato il complesso di superiorità dovuto al fatto che, nell’antico Egitto, erano considerati sacri e come tale venerati come divinità.

C’è chi li definisce magici, chi sostiene che siano in grado di leggerti dentro e cogliere i segreti più nascosti. Eppure le nostre incantevoli bestiole da salotto sono nel mirino dell’Australia come fossero dei pericolosi criminali. Colpevoli di minacciare la biodiversità: il loro numero è maggiore di cinque milioni, sostengono i politici australiani, e abitano le aree maggiormente popolate delle città rendendo molto difficile la sopravvivenza di piccoli mammiferi e uccelli. Il Paese dalla strategia rigida ha aperto una «discussione che andrà avanti fino alla fine dell’anno per capire cosa ne pensa la gente comune» (per fortuna). La ricercatrice ha fatto sapere al quotidiano italiano che già negli ultimi due anni il governo ha invitato chi possiede un piccolo felino a registrarlo e dotarlo di microchip. E racconta: «Già oggi circa un terzo dei possessori di gatti li tiene al chiuso per 24 ore su 24 sette giorni su sette». Peggio del carcere.

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