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Zelensky, la sentenza del NYT: "Non può vincere", fine corsa?"

Carlo Nicolato
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Si è fatto un gran parlare negli Usa in questi giorni del massimo generale americano Mark Milley, «condannato a morte» da Donald Trump per aver rassicurato con una telefonata la Cina dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio di due anni fa. Ma nel novembre dello scorso anno il Capo di Stato Maggiore congiunto aveva piuttosto destato scalpore per aver suggerito che l’Ucraina non avrebbe mai potuto vincere la guerra in corso: «La Russia occupa ancora il 20% dell’Ucraina», disse, «espellere l’esercito russo dal Paese è un compito molto difficile che non può essere ottenuto con le armi». Forse per convenienza politica da quel giorno Milley evitò accuratamente di ripetere il concetto, ma a distanza di quasi un anno, nonostante la controffensiva di Kiev, la Russia controlla ancora quel 20% circa di territorio. I fatti gli stanno dando pienamente ragione come testimonia un asettico articolo del New York Times che documenta come in un anno nessuno dei due contendenti abbia guadagnato terreno e come una svolta «sembra ormai più difficile che mai».

OBIETTIVI FALLITI
Il NYT fa presente che all’inizio dello scorso inverno la Russia mirava a occupare l’intero Donbass, mentre l’Ucraina già iniziava a pianificare la controffensiva, poi rimandata a fine primavera. Entrambi gli obiettivi sono falliti e «nonostante nove mesi di sanguinosi combattimenti, meno di 500 miglia quadrate di territorio sono passate di mano dall'inizio dell’anno»: un risultato che, secondo il prestigioso quotidiano americano, potrebbe mettere in dubbio il sostegno occidentale all’Ucraina. In questa chiave va letta la ripresa dell’ossessiva ricerca da parte di Volodymyr Zelensky di appoggio e nuove armi, culminata almeno per ora con la visita del segretario della Nato Jens Stoltenberg a Kiev e la definizione di un contratto da 2,4 miliardi di dollari in munizioni. Zelensky ha chiesto «sistemi di difesa aerea aggiuntivi» ma soprattutto, dopo la visita, ha annunciato sui social che l’adesione di Kiev alla Nato è «solo questione di tempo».

Tutte mosse che in ogni caso, secondo l’analisi del New York Times e un'altra di soli 20 giorni fa del Washington Post, non sposteranno di una virgola la guerra in corso. Stoltenberg ha detto ieri che «più forte diventa l’Ucraina, più ci si avvicina alla fine della guerra» e che solo «la Russia la può fermare» mentre l’Ucraina «non ha quell’opzione». Per il Washington Post però è difficile che l’Ucraina diventi più forte e la superiorità sul campo è una mera questione di fanteria. Posto che Mosca conserva ancora di gran lunga la superiorità aerea e attualmente difende le sue linee con 100mila uomini, secondo la teoria militare all’Ucraina servirebbero almeno 300mila uomini per sfondare il fronte.

Secondo invece Mark Cancian, ufficiale di Marina in pensione ed esperto presso il noto think tank di Washington, Center for Strategic and International Studies, «per superare le difese russe servirebbe un esercito sei volte se non dieci più numeroso». L’Ucraina invece conta sul campo a malapena gli stessi effettivi russi, e non sono nemmeno quelli più esperti avendoli persi negli inutili combattimenti estivi. «Ogni miglio di territorio è stato una lotta estenuante», scrive il New York Times, e «le truppe e i comandanti esperti che sono stati uccisi all'inizio della guerra sono stati sostituiti con nuove reclute che spesso non hanno un addestramento sufficiente». Vale per entrambi ovviamente, con la differenza tuttavia che arrivati a questo punto Mosca non è più di tanto interessata ad avanzare e «sembra essere a suo agio nel tenere il territorio che già controlla».

ALLEATI E DISTANTI
Va poi considerato, scrive sempre il NYT, che la Russia conta su una popolazione più numerosa per ricostituire i suoi ranghi, e che una difesa prolungata potrebbe comportare una diminuzione sostanziale del sostegno occidentale a Kiev. Non fosse altro perché le consegne di determinati armamenti comportano attese estenuanti, perfino di anni. Una guerra lunga e di logoramento rende sempre più probabile ciò che Mosca si augura, ovvero che l’Occidente volti le spalle a Kiev. I segnali sono già evidenti negli Usa e in Europa, dove addirittura a voltare le spalle a Zelensky è uno dei suoi migliori alleati, la Polonia.

Anche la conferma, arrivata ieri, che il missile che uccise due civili nel villaggio polacco di Przewodow, vicino al confine con l’Ucraina, nel novembre 2022 era effettivamente ucraino e non russo, non aiuterà a distendere gli animi, ed è altresì la prova che più la guerra dura e più incidenti del genere rischiano di minare l’armonia dell’alleanza. Il NYT fa presente infine che forti piogge sono attese il mese prossimo e il terreno fangoso potrebbe impedire l'uso di veicoli pesanti, come i carri armati Abrams appena arrivati dagli Usa e i britannici Challenger. Settanta tonnellate di potenza e tecnologia che affondano nel fango è uno spettacolo che Washington e Londra vorrebbero evitare di vedere. 

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