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Israele, chi cita la Shoah ma dimentica gli ebrei di oggi

Brunella Bolloli
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Il 16 ottobre del 1943 è il giorno della razzia del Ghetto ebraico di Roma, un giorno rimasto scolpito nella memoria di tanti, non soltanto cittadini di quello spicchio della Capitale devoto alla bandiera con la stella di David. Fu “un sabato nero”, come recita il titolo di un docufilm appena presentato alla Camera, realizzato da Fausta Speranza con la regia di Stefano Gabriele, che descrive bene l’orrore di ottant’anni fa, quando con una retata 1.023 ebrei di Roma furono deportati ad Auschwitz. Di questi, 820 furono gasati subito. 

Fecero ritorno a casa solo in 16: quindici uomini, una donna, nessun bambino. Fatti che ancora oggi rappresentano una ferita aperta e vengono condannati da destra a sinistra, senza distinzione politica né di appartenenza e che vengono ricordati in questi giorni, a ottant’anni di distanza, mentre il mondo assiste a un’altra guerra in Medio Oriente, a un’altra mancanza di umanità.

C’è però una certa dose di ipocrisia tra chi oggi condanna la barbarie della deportazione, il male della Shoah, e poi fatica a dire che quello contro Israele, sabato 7 ottobre 2023, è stato un feroce assalto compiuto dai terroristi di Hamas. Sono costoro che hanno compiuto la razzia al rave party nel deserto seminando la morte tra giovani innocenti che stavano ballando: 260 vittime soltanto quel giorno, centinaia di feriti, un numero imprecisato di prigionieri e di dispersi. Eppure c’è chi ora condanna la reazione delle autorità israeliane e scende in piazza per Hamas osi divide sull’opportunità di mettere la bandiera di Israele fuori dal Comune perché è meglio mettere anche quella della pace, come se fosse la stessa cosa.

Non siamo noi a dirlo, ma è lo stesso cancelliere tedesco Olaf Scholz ad avvertire che proprio l’orrore del passato dovrebbe suggerirci di stare dalla parte di Israele anche oggi, non il contrario. «È il genocidio ebraico a imporre per sempre alla Germania il dovere di difendere Israele, anche se ora è sotto l’attacco di Hamas e non dei nazisti; e la sicurezza dello Stato ebraico è “la ragion di Stato” di quello tedesco che, come prima misura, metterà al bando il movimento islamico sul proprio territorio», ha sentenziato davanti al Bundestag. «La nostra storia, la nostra responsabilità derivante dall’Olocausto», ha aggiunto Scholz, «ci impone il dovere perenne di difendere l’esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele». E prima di lui il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha ricordato che «il passato non è mai finito». Anche il governo italiano ha una posizione chiara al riguardo. 

Non ci sono tentennamenti. E Paolo Mieli, ex direttore del Corriere, saggista ed esperto di storia anche ebraica, l’ha detto chiaro a Otto e mezzo l’altra sera: «Quando si tratta di ebrei morti cent’anni fa l’Europa scoppia a piangere, non riesce a trattenersi. Ma quando si tratta di ebrei vivi...». Non c’è solo l’orrore della Shoah che deve scuotere le coscienze. Non si dà la solidarietà solo agli ebrei di ieri, ma anche a quelli di oggi.

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