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Israele, "ex agenti del Mossad in azione": retroscena Gaza, cambia tutto

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Scatta l'ora del Mossad. Secondo Guido Olimpio del Corriere della Sera, i familiari delle vittime israeliane nei kibbutz e nel rave party, l'orribile carneficina portata a termine da Hamas 13 giorni fa, si starebbero già rivolgendo agli ex agenti del celebre (e famigerato) apparato di servizi di sicurezza israeliani per ottenere la liberazione dei cari tenuti in ostaggio a Gaza. 

Tel Aviv, in attesa della grande "manovra", l'invasione di terra della Striscia, ha di fatto cominciato da giorni la caccia all'uomo ai capi di Hamas responsabili dell'eccidio di civili. Si tratta della "strategia della decapitazione", vale a dire l'eliminazione fisica dei leader dei tagliagole. Uno scenario che ripete quanto accaduto negli anni 70 e 80, quando il nemico era l'Olp di Yasser Arafat. Una caccia senza quartiere, proprio come accaduto dopo il terribile attentato a Monaco di Baviera ai Giochi olimpici del 1972, quando un commando di terroristi palestinesi con un blitz che ha fatto tristemente storia entrò nel villaggio olimpico e sterminò la squadra di sollevamento pesi israeliana. Uno a uno, nei mesi successivi, i membri di quel commando sono stati tutti uccisi. 

 

Come ricorda il Corsera, dal 7 ottobre sono 4 i dirigenti del consiglio esecutivo di Hamas uccisi. Per ultima è toccato a Jamila al Shanti, unica donna al vertice e moglie di uno dei fondatori, Abdel Aziz al Rantisi (morto in un attacco israeliano nel 2004). Le autorità militari non si accontentano delle teste già rotolate (da Zakaria Abu Ammar, responsabile del Dipartimento relazioni nazionali, a Jawad Abu Shamala, Osama al Mazini e, appunto Jamila). L'obiettivo grosso sono Yahya Sinwar e Mohammed Deif, il capo delle Brigate Ezzedine al Qassam. E' soprattutto quest'ultimo, "il fantasma" per la sua capacità di sfuggire ad agguati e incursioni israeliane, a tenere le fila dei miliziani. 

 

C'è poi il capitolo ostaggi. Il governo israeliano ritiene la questione centrale, ma non necessariamente prioritaria: prima del salvataggio delle decine di israeliani detenute nei tunnel di Gaza viene la questione nazionale. Come dire: è già stato messo in conto di sacrificare molti di loro sull'altare del bene comune. I parenti da giorni attendono notizie nei kibbutz, in tanti contestano la gestione del dossier al premier Benjamin Netanhyahu.

 

E per questo si sarebbero già mossi autonomamente, rivolgendosi ad ex agenti segreti specializzati nel muoversi nell'ombra per portare a termine missioni "non ufficiali". Se il governo non sarà disposto a "pagare qualsiasi prezzo", materialmente, ai terroristi pur di riportare a casa gli ostaggi, allora si tenterà di avviare canali privati. Verranno assoldati, cioè, ex membri di Mossad e Shin Bet con contatti solidi nel  mondo arabo. E non è detto, suggerisce l'articolo del Corriere, che proprio questo argomento, pesantissimo dal punto di vista politico, non possa influenzare anche la condotta di Netanyahu, obbligandolo a rinviare per quanto possibile l'invasione.

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