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Onu, la farsa: Iran garante dei diritti (e il veto della Russia su Gaza)

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Antonio Rapisarda
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Due fotografie. La è prima di ieri, a Beirut, e vede ritratti Hasan Nasrallah (leader di Hezbollah), Saleh Aruri (vicecapo di Hamas) e Ziad Nakhale (capo della Jihad islamica). I tre galantuomini si sono ritrovati per fare il punto sullo sport novecentesco che hanno prepotentemente reintrodotto nel nuovo millennio, la caccia all’ebreo. Nelle immagini dell’incontro, mostrate dalla tivù al Manar, spiccano alle pareti due gigantografie: quella dell’ayatollah Khomeini, fondatore del totalitarismo islamista iraniano, e quella del suo successore, Ali Khamenei. Secondo il comunicato diffuso, “l’Asse della Resistenza” (cioè del Terrore che sgozza bambini nelle culle) è letteralmente “guidato dall’Iran”.

POGROM MEDIORIENTALI
La seconda fotografia di questa pazzotica contemporaneità verrà scattata tra una settimana al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra. Nei giorni 2 e 3 novembre è in agenda l’annuale Social Forum del Consiglio dei diritti umani dell’Onu. L’edizione 2023 si concentrerà “sul contributo della scienza, della tecnologia e dell'innovazione alla promozione dei diritti umani”. A presiedere il Forum sarà... la Repubblica islamica dell’Iran.

 

La stessa ostentata come referente, anzi come “guida”, dagli odierni organizzatori di pogrom mediorientali. E dunque no, le frasi di Guterres non erano un caso, un equivoco lessicale, un tormentone montato dagli scribacchini reazionari. Il socialista portoghese, blaterando che «gli attacchi di Hamas non vengono dal nulla», ha solo esplicitato la posizone del caravanserraglio globale di cui è provvisoriamente a capo: Israele e i suoi nemici sono sullo stesso piano. Anzi, i secondi stanno un po’ più sopra, visto che mentre lo Stato ebraico negli ultimi otto anni si è visto comminare 140 risoluzioni di condanna (più del doppio di quelle adottate contro tutti gli altri Paesi), l’Iran teocratico viene giudicato degno di presiedere la due giorni Onu sui diritti umani. Una nomina che Hadi Ghaemi, direttore del Centro per i diritti umani in Iran (ong indipendente con sede a New York), ha definito «scandalosa» e rivelatrice di «una scioccante cecità etica».

Temiamo che Ghaemi sia ancora ottimista: ci vedono benissimo, i papaveri delle Nazioni Unite, è il loro focus valoriale ad essere strabico.
Ci vedono benissimo, perché non si possono non vedere le flagranti, quotidiane, orripilanti violazioni dei diritti umani che vanno in scena nell’antica Persia ridotta a inferno coranico. I dissidenti, coloro che vorrebbero farla finita con la sharia, o che semplicemente non la praticano, arrestati, condannati senza alcuna parvenza di giusto processo, torturati sistematicamente, sepolti vivi nelle carceri del regime. Le donne che non indossano lo hijab percosse a morte dall’orwelliana Polizia morale.

L’ultima è di questi giorni, lo straziante caso della sedicenne Armita Garawand, massacrata nella metropolitana di Teheran e dichiarata “cerebralmente morta” (secondo le autorità a causa di un “calo di pressione”, evidentemente Guterres e soci si fanno andare bene questa farsa tragica). Le proteste per l’analogo caso, un anno fa, di Masha Amin affrontate sparando sulla folla inerme e giustiziando alcuni giovani con l’accusa di “Moharebeh”, parola farsi che significa “guerra contro Dio” (bilancio finale: più di 600 morti, di cui circa 80 minorenni).

 

L’omosessualità perseguita come reato e non di rado punita con l’impiccagione. La discriminazione violenta delle minoranze etniche (Curdi, Arabi, Baluchi, Azeri, Turkmeni). La discriminazione violenta delle minoranze religiose (cristiani, baha’i, dervisci, ovviamente ebrei e paradossalmente anche i musulmani sunniti domestici, mentre i musulmani sunniti forestieri come Hamas tornano utili quali tentacoli della piovra terrorista). La negazione di qualsiasi libertà d’espressione, di stampa, di critica. Ivi compreso, ed è davvero l’acme del surrealismo se si pensa che gli ayatollah presidieranno il Forum su tecnologia e diritti umani, la libertà in rete. Il regime ha più volte sospeso l’accesso a internet quando la contestazione prendeva vigore, per dedicarsi alla repressione selvaggia e renderla non testimoniabile. Facebook, X, Instagram, Whatsapp e YouTube sono costantemente filtrati e periodicamente bloccati.

STATO CANAGLIA
Ecco, quello che precede è un parziale campionario dello stato dei “diritti umani” sotto la Repubblica islamica. Lo stato delle Nazioni Unite, invece, è sotto gli occhi di tutti: è peggio che comatoso, è oggettivamente complice. L’Onu è ormai una pomposa dépendance dei peggiori Stati canaglia (a serata inoltrata è arrivata la notizia che la Russia ha messo il veto alla risoluzione americana su Gaza). Ne tragga quantomeno le conseguenze definitive, e trasferisca la sua sede da New York a Teheran.

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