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Israele, il pregiudizio cristiano? Frutto di secoli di sudditanza all'islam

Andrea Morigi
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Hamas non è una buona fonte di notizie perché sul territorio di Gaza, dove spadroneggia senza godere di una legittimazione democratica, viola ogni giorno i diritti umani.
Non rispetta la libertà religiosa, d’espressione, di movimento, di riunione, né la vita perché non concepisce un diritto, sia esso naturale o positivo, che non s’identifichi con la sharia.
Sulle pagine culturali del quotidiano Avvenire si sono accorti che «la guerra mette in crisi il pensiero» e occorre «far sì che la ragione prevalga sul rumore del panico, della paura e dell’indifferenza che troppo spesso dominano il discorso pubblico».

Per seguire quel criterio di prudenza e «affrontare la realtà nella sua pienezza e contraddizione, memori di quanto papa Francesco ha scritto nella sua enciclica Fratelli tutti: “La vera saggezza presuppone l’incontro con la realtà”» non si può credere a un movimento terroristico che dà i numeri, inverificabili, sul bilancio delle vittime provocate dai bombardamenti israeliani, ma nega la propria responsabilità nello sterminio di civili, donne e bambini. 

 


Non si possono mettere sullo stesso piano le due realtà, l’esercito dello Stato ebraico e gli jihadisti come nella testata della prima pagina del quotidiano della Cei che ancora ieri recitava: Strage su strage, spiegando poi nel sommario che un mese fa, nel «progrom» (sic!) di Hamas erano stati seviziati e uccisi 1.400 ebrei, mentre a Gaza secondo una «denuncia» sono stati «superati i 10mila morti» e l’Onu parla di «un cimitero di bimbi». Per non dire della “giusta distanza” giornalistica usata nel taglio basso di pagina 2: Cisgiordania, raid contro «cellula terroristica»: 4 morti. Se la qualifica viene messa fra virgolette, significa forse che si tratta di partigiani che combattono per la libertà, come li definisce il presidente turco Recep Tayyp Erdogan? Peraltro da lui, che ormai aspira a essere la guida politica dei Fratelli Musulmani, la galassia di cui fa parte anche Hamas, lo si può anche capire. Dai cattolici, no. Perché vi sono sensibilità diverse anche nella Chiesa. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, per esempio, ha svolto attività pastorale fra i cattolici di espressione ebraica in Israele. E il popolo di credenti che ascolta Radio Maria Italia ha potuto sentito spesso, in particolare nell’ultimo mese, padre Livio Fanzaga affermare che la Madonna non consentirà che si realizzi il piano satanico della distruzione di Israele.

L’ANTISEMITISMO ARABO
Ma il problema non si può negare, non solo in Terra Santa, dove «preoccupa il diffondersi di manifestazioni antisemite, che fermamente condanno», ha scritto Papa Francesco ieri in un messaggio non letto, ma consegnato a una delegazione della Conferenza dei rabbini europei ricevuta in udienza in Vaticano. Avvenire ha relegato quelle parole del Santo Padre in chiusura di un articolo dedicato alla telefonata fra il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il Pontefice. Come dire: la Santa Sede ormai è una succursale di Teheran, visto che nel colloquio il capo della Repubblica islamica «avrebbe puntato il dito contro “le brutali atrocità del regime sionista”». Poco importa che si tratti di uno Stato che propugna la distruzione di Israele e ha armato e finanziato i massacratori di ebrei. Accade anche fra i maroniti del Libano, fra i copti egiziani, fra le comunità ortodosse, armene e melchite così come fra i protestanti, quindi sia dentro che fuori il perimetro dell’obbedienza al vescovo di Roma, che abbia messo radici una cultura frutto di una secolare sottomissione all’islam. Per quieto vivere, dopo aver pagato la tassa della protezione, la dhimma, e aver accettato che le donne musulmane non potessero sposare un “infedele” e rinunciato alla possibilità di evangelizzare all’interno delle società islamiche, poiché i musulmani apostati sono passibili della pena di morte, i cristiani hanno perciò stesso riconosciuto il predominio della legge coranica. Cercando così, ma invano, di non essere discriminati, ma implicitamente subordinando il loro diritto di essere rappresentati alla pretesa giuridica dei musulmani di esercitare l’autorità perfino quando non sono che una minoranza. Altro che dialogo interreligioso. Così si perde la speranza in un mondo migliore e si condanna all’estinzione il tradizionale ruolo di costruttori di pace svolto per secoli dai cristiani.

 

 

 

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