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Javier Milei nazista? La foto che sbugiarda la sinistra

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La scelta al vertice dell’Avvocatura dello Stato argentino di Rodolfo Barra, noto per i trascorsi in un gruppo neonazi, ha suscitato polemiche. Ma è davvero difficile incolpare di antisemitismo chi ha fatto quella scelta. Nel giugno 2021 Javier Gerardo Milei, allora economista cinquantenne e appena arrivato nell’arena politica, dopo esserci rimasto male per le accuse di “Hitler” e “nazista” che gli stavano piombando addosso dai social, si sfogò con un altro politico a lui vicino che si chiamava Julio Goldenstein, e che appunto era ebreo. Goldenstein, a parte provare a consolarlo, lo presentò al suo amico Shimon Axel Wahnish, rabbino capo della comunità ebraico-marocchino argentina.

La conversazione toccò talmente Milei che iniziò a studiare l’ebraismo, fino al punto di dichiarare di voler diventare il primo presidente ebreo dell’Argentina. Addirittura, ha integrato le citazioni del Nuovo Testamento ai suoi discorsi, ad esempio con l’osservare che con la storia delle sette vacche grasse e sette vacche magre Giuseppe primo ministro del faraone fu il primo politico ad affrontare il problema dei cicli economici.

 

 

 

INFEZIONE

Arrivato primo alle primarie, qualificatosi nel primo turno ed eletto al ballottaggio, ha un po’ rallentato su questa intenzione, secondo quanto spiega proprio per rispetto all’ebraismo. Non avrebbe problemi di circoncisione, ha detto: «A causa di una infezione, mi hanno già fatto l’operazione da piccolo». Ma, come ha spiegato in una intervista a luglio, «se sei ebreo, non sei obbligato a rispettare i precetti dell’ebraismo. Se ti converti sei obbligato a farlo. Se sono presidente, cosa faccio durante lo Shabbat? “Ti disconnetterai dal Paese dalla prima stella del venerdì alla prima stella del sabato?”». Però in un’altra intervisa a settembre ha confermato: «Non vado in chiesa, vado al tempio. Ho un rabbino primario. Studio la Torah. Sono riconosciuto a livello internazionale come amico di Israele». Aveva però anche ammesso: «Sono un po’ lontano dall’essere ebreo, mi serve il patto di sangue».

Altri ebrei gli hanno consigliato addirittura di non sottolineare troppo questi interessi. Con tra le 175.000 e le 360.000 unità, a seconda dei conti, l’Argentina ha la settima comunità ebraica del mondo, e la prima in America Latina: peraltro duramente colpita da gravi attentati che Hezbollah e i Servizi iraniano fecero a Buenos Aires nel 1992 contro l’ambasciata israeliana e nel 1994 contro la sede della Associazione Mutualistica Israelita Argentina. Ma comunque non è più dell’1,2-2,4% della popolazione del Paese di origine del Papa, e si tratta di una comunità che è anche divisa al suo interno, tanto che quando Milei si è fatto vedere a suoi eventi è stato anche contestato. Il 21 settembre, circa 4.000 artisti e intellettuali ebrei hanno lanciato una petizione pubblica in cui esprimevano «preoccupazione per le espressioni di odio» di Milei e per «l’uso politico dell’ebraismo, dei suoi testi e dei suoi simboli». Il 62% degli argentini è invece costituito da cattolici, il 19% da atei e agnostici, i 15% da protestanti. Milei, però, è uno che ha l’abitudine a dire e fare ciò che ritiene giusto, a prescindere da fatto se gli procura approvazione o no. Se dunque per ora sulla conversione ha sospeso, in compenso insiste sul suo appoggio a Israele senza se né ma. Nel suo ultimo dibattito in tv con Sergio Massa, giusto il giorno dopo l’attacco di Hamas, ha ribadito che di fronte a una aggressione del genere Israele ha il pieno diritto di difendersi dal terrorismo con tutti i mezzi a sua disposizione.

 

 

 

Ha ribadito che Stati Uniti e Israele sono i suoi punti di riferimento internazionali ma che, siccome alla Casa Bianca in questo momento non c’è un repubblicano, il suo primo viaggio da presidente eletto lo farà in Israele. Ha promesso che farà trasferire l’ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme.

 

PELLEGRINAGGI

A luglio, in piena campagna elettorale per le primarie, ha trovato comunque il tempo per fare un viaggio di 11 ore tra Buenos Aires e New York a visitare la tomba del rabbino Menachem Mendel Schneerson, leader del movimento ultra-ortodosso Lubavitch. Un utente di Twitter caricò un breve video che mostrava Milei con una kippah in testa e la Torah sotto il braccio. Di nuovo si è recato a quella tomba durante il nuovo viaggio che ha fatto negli Stati Uniti dopo essere stato eletto, per prendere contatto con la Casa Bianca e con il Fondo Monetario Internazionale. Si è saputo che prima di partire aveva ricevuto la benedizione del rabbino David Pinto Shlita nel quartiere di Once a Buenos Aires. Insomma, come lui stesso ha detto: «Non sono ebreo, ma sono un fan di Israele, nutro una profonda ammirazione. Sono cattolico e ogni giorno mi inginocchio davanti a un ebreo». 

 

 

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