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Ucraina, ballano 110 miliardi: perché Zelensky ora scricchiola

Carlo Nicolato
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Per l’Ucraina si sta avvicinando il punto di non ritorno, quello superato il quale senza nuovi aiuti da parte dell’Occidente si potrebbe anche dire che la guerra è persa. Dagli Stati Uniti la direttrice dell’Ufficio di Gestione e Bilancio della Casa Bianca, Shalanda Young, fa sapere che gli aiuti per Kiev si esauriranno entro la fine dell’anno, mentre l'approvazione del pacchetto da 106 miliardi per la sicurezza nazionale proposto dal presidente Biden, nel computo del quale 60 spetterebbero a Kiev, è tuttora molto lontano dall’essere approvato. Anche il pacchetto quadriennale Ue da 50 miliardi incluso nella richiesta di innalzamento del budget avanzata dalla Von der Leyen è in alto mare, tanto che il suo passaggio, previsto per metà mese, potrebbe perfino essere sacrificato sull’altare della crisi del debito della Germania. In Ue poi il fronte scettico sulla guerra si sta irrobustendo con la Bulgaria che si tira indietro sugli armamenti, mentre perfino all’interno dell’Ucraina sta venendo meno il consenso al presidente Zelensky. «Non esiste una riserva magica di fondi disponibile per affrontare questo momento. Siamo senza soldi - e quasi senza tempo», ha scritto Shalanda Young in una lettera indirizzata alla presidenza del Congresso in cui si invita la stessa ad agire prima che sia troppo tardi

DUBBI REPUBBLICANI
Il problema è che non è ancora chiaro dove il nuovo presidente repubblicano della Camera Mike Johnson voglia arrivare. Inizialmente sembrava aver sposato la linea di quelli dei suoi che volevano dividere il pacchetto di aiuti, stralciando quelli all’Ucraina da quelli a Israele, ma negli ultimi giorni si è detto favorevole perfino ad aumentare quelli destinati a Kiev assicurando in ogni caso che la questione sarà la prossima che il Gop dovrà affrontare con urgenza. Questioni interne al partito che non giovano affatto al futuro di Kiev, specie perché la fronda trumpiana scettica sul sostegno continuo alla guerra si sta ampliando. Lo stesso peraltro sta accadendo in Europa dove il presidente bulgaro Radev ha posto il veto alla fornitura da parte del suo Paese di veicoli blindati all’Ucraina. «Sono guidato dalla convinzione che la sicurezza, la salute e la vita dei cittadini bulgari dovrebbero essere una priorità assoluta», ha dichiarato il capo dello Stato, invitando il Parlamento a una nuova discussione sulla legge di ratifica dell’accordo.  La presa di posizione bulgara arriva dopo quella del premier ungherese Orban che ha chiesto di togliere dall’agenda del vertice del Consiglio Ue la questione dell’adesione dell’Ucraina, sottolineando che «ciò non coincide con gli interessi di molti Stati membri». Il riferimento è ovviamente al proprio Paese, ma anche alla Slovacchia del nuovo presidente Fico, molto scettico sui continui aiuti a Kiev, e anche alla Polonia, anch’essa oramai piuttosto fredda nei confronti dei vicini dopo i problemi economici creati dall’abbattimento dei dazi all’Ucraina deciso da Bruxelles.

 

 

Nel vertice del 14-15 dicembre i primi ministri dovranno anche decidere sullo stanziamento proposto dalla Commissione di quasi 100 miliardi per ricostituire il bilancio 2021-2027 dopo le emergenze dovute al Covid, la guerra, la crisi energetica e l’inflazione. Di questi 50 dovrebbero andare all’Ucraina, in parte come sovvenzioni, 17 miliardi, in parte come prestiti, 33 miliardi. Il problema, anche in questo caso, è che molti degli Stati membri, sono tutt’altro che propensi ad accettare i termini della proposta di Ursula. Secondo diversi testimoni all'ultimo vertice dei leader europei di ottobre, il cancelliere tedesco Olaf Scholz avrebbe liquidato i calcoli della Commissione definendoli «comici». Un articolo del Financial Times cita «anonimi funzionari» secondo i quali gli stati membri dell’Ue sono lontani dal raggiungere un accordo. L’Ucraina ha avvertito che l’incertezza riguardo ai pacchetti di sostegno da parte degli Stati Uniti e dell’Europa mette in pericolo la «stabilità macrofinanziaria» del Paese, questo significa che oltre alla probabile sconfitta sul campo di battaglia il Paese rischia anche la bancarotta. Sarà anche per questo che la posizione di Zelensky si sta facendo sempre più traballante: alcuni sondaggi interni visionati dall’Economist mostrano che la fiducia nei confronti di Zelensky è scesa al 32%, meno della metà di quella del generale Zaluzhny, la cui popolarità è addirittura al 70%.

 

 

 

 

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