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Gelo record a casa di Greta Thunberg: la Svezia finisce a -43 gradi

Claudia Osmetti
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Freddo record. Temperature a picco. Giù a meno 43,6 gradi centigradi. Non succedeva da un quarto di secolo. La Svezia è imbiancata. È ghiacciata. È paralizzata. Il cielo bianco e bianco tutto attorno, sulle case, sugli alberi, sulle strade. Con disagi e chiusure (per esempio nelle scuole), col secondo giorno consecutivo che il termometro della cittadina di Kvikkjokk, nella regione artica svedese, cala a doppia cifra e quella cifra è almeno meno 40 gradi. Si battono i denti e ci si stringe nelle giacche, di uscire non se ne parla.

TUTTO BLOCCATO - E infatti i trasporti in Scandinavia sono bloccati, i ponti chiusi, i servizi ferroviari (assieme ai traghetti) sospesi. Sono abituati al freddo a Kvikkjokk, ma questo è eccezionale. «È la temperatura, per gennaio, più bassa mai registrata in Svezia dal 1999», dice Mattias Lind, un meteorologo della Smhi, l’agenzia nazionale di Stoccolma. Allora, cioè nel 1999, si era arrivati a meno 49 gradi, la volta precedente che si sono toccate registrazioni simili era stato il 1951. Una vita fa.

 

 

Gli autobus locali non circolano; i convogli per Umea idem, sono fermi in stazione; un migliaio di auto sono imbottigliate sull’autostrada E22 mentre gli agenti di polizia invitano chi si è barricato dentro, con l’aria accesa finché dura, a non abbandonare la propria macchina; scende in campo addirittura l’esercito perché chi è rimasto lì, sul sedile del passeggero o del guidatore, non ha scorte né di acqua né di cibo; circa 3mila abitanti di Alvsbyn, a 900 chilometri dalla capitale, direzione nord, sono senza corrente, il che significa buio pesto perché è quel periodo dell’anno in cui, nell’area, manca totalmente la luce diretta del sole.

I disservizi, però, riguardano anche altri Stati nordici: la Danimarca, in queste ore, esorta a evitare i viaggi non necessari dato che un forte vento freddo, con nevicate annesse, sta colpendo le parti settentrionali e occidentali del Paese. L’aria gelata arriva dalla Siberia, e allora investe anche la Russia occidentale; persino a Mosca il termometro crolla sotto i meno 30 gradi.

Cosa sta succedendo? È il meteo impazzito? È colpa dell’onnipresente cambiamento climatico? «Ogni anno, per capire come si svilupperà la stagione, si vanno a vedere alcuni indici teleconnettivi, che sono degli indicatori dello stato della troposfera a diverse quote», spiega Massimiliano Fazzini, climatologo dell’università di Camerino e coordinatore dell’area tematica Rischio climatico della Sigea, la Società italiana di geologia. È uno preciso, Fazzini. Uno che parla con dati ed esempi alla mano: «Quest’anno sembrerebbe che si sia creata una condizione tale da permettere un frazionamento del vortice polare, facendo sì che l’aria gelida del polo scenda a latitudini inferiori, come sta succedendo in Scandinavia. Tuttavia questi segnali avvengono ogni cinque, sette anni: il che significa che possiamo spiegarlo in termini cicilci i quali sconfessano che possa dipendere dal cambiamento climatico».

 

 

Primo: c’entrano niente, allora, gli allarmi che vanno per la maggiore. Eh, ma il clima. Eh, ma l’uomo. Eh, ma no. Non è questo il caso. «Certamente, però, la statistica ci dice che il primo aspetto evidente del cambiamento climatico è l’estremizzazione».

Secondo: qui nessuno, ma proprio nessuno, gioca a fare il negazionista del meteo. Non sarebbe serio e non sarebbe nemmeno utile. «La verità, probabilmente, sta a metà», continua Fazzini, «ossia c’è la combinazione degli indici troposferici che sono prevalenti con l’associata estremizzazione climatica».

LE STATISTICHE - E attenzione: «Statisticamente è improprio parlare di “cambiamento climatico” perché lo avremmo, semmai, quando non definiremo più i fenomeni termometrici o pluviometrici eccezionali». Come il freddo svedese di adesso. «Se però si dice “questa temperatura è eccezionale” significa che non fa parte della statistica media e di conseguenza è fuori dal discorso. Viceversa, se in quindici o dieci anni diventano la normalità, ci troveremmo davanti a un nuovo clima. Ma allo stato dei fatti, onestamente, mi sento più di dire che siamo in un momento di passaggio verso quello che sarà il nuovo clima. Parlare adesso di cambiamento climatico manifesto da un punto di vista statistico è sbagliato, perchè allora non dovremmo più usare il termine “eccezionale”». 

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