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Se negli Usa il Ku Klux Klan può sfilare

Pieremilio Sammarco
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La commemorazione delle vittime della strage di Acca Laurentia del 1978 che ha visto la partecipazione di numerosi soggetti a cui è stato contestato il “saluto fascista” accompagnato alla parola “presente”, induce alcune riflessioni sulla liceità di tale condotta. Al riguardo, infatti, vi sono due orientamenti giurisprudenziali contrapposti: uno che ne decreta l’illiceità, ritenendolo una manifestazione esteriore propria od usuale di organizzazioni o gruppi indicati nel d.l. 122/1993 ed inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico (Cass.pen. 21409/2019). Per l’esistenza del reato, non sarebbe necessario neanche alcun collegamento, neppure indiretto, con organizzazioni di ispirazione fascista. Basti, in proposito, richiamare il principio affermato in relazione all’esposizione di simboli fascisti in occasione di una partita di calcio: lo sventolare un drappo tricolore recante nella parte bianca l’emblema del fascio littorio rientra nelle previsioni del sopra citato disposto normativo e dunque sanzionato penalmente.

GLI ORIENTAMENTI

A questo orientamento se ne contrappone un altro diverso: quello che sanziona tali condotte unicamente quando siano idonee a determinare il reale pericolo di ricostituzione di organizzazioni che si ispirano, direttamente o indirettamente, all’ideologia del disciolto partito fascista. Cioè vanno valutate in relazione al momento ed all’ambiente in cui sono compiute, e sono sanzionabili solo se attentano concretamente alla tenuta dell’ordine democratico e dei valori ad esso sottesi (Cass. pen. 11038/2016).

 

 

 

Secondo quest’ultimo orientamento, dunque, il “saluto romano” va sanzionato soltanto se, in armonia con il principio di offensività, vi è un pericolo concreto di ricostituzione di organizzazioni che si ispirano ai valori del fascismo; in assenza di tale pericolo, rientrerebbe nella libertà di espressione dell’individuo, che può estrinsecarsi anche senza le parole, ma con i comportamenti della persona. Un analogo solco interpretativo è seguito dalla Corte Suprema Usa (Virginia v. Black, 537 U.S. 465 2003) che ha reputato contrario alla libertà di espressione il divieto di manifestazioni del Ku Klux Klan che vedevano bruciare pubblicamente una croce, benché ritenuta un’azione intimidatoria e carica di odio. Proprio per questa incertezza interpretativa, la questione è stata sottoposta al vaglio delle sezioni unite della nostra Corte di Cassazione, la quale il prossimo 18 gennaio dovrà pronunciarsi sulla illiceità o meno del saluto fascista.

 

 

 

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