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Javier Milei? La Borsa argentina cresce del 100 per cento

Carlo Nicolato
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 #Yonoparo, cioè “io non mi fermo”, neanche di fronte agli scioperi generali e le manifestazioni che a detta degli organizzatori hanno portato ieri in piazza cittadini a milioni in tutto il Paese. Il presidente argentino Javier Milei non si sogna nemmeno di cedere alle proteste contro i suoi tagli alla spesa pubblica e ai sussidi, contro il suo mega piano omnibus di riforme che verrà discusso oggi in Parlamento e il Decreto di necessità e urgenza entrato in vigore alla fine di dicembre.

La motosega di memoria elettorale prosegue dritta e in profondità “para romper las cadenas que no nos dejan crecer”, per rompere le catene che ci impediscono di crescere, come diceva il libro scritto dallo stesso Milei oltre 4 anni fa, “Libertad, libertad, libertad”. Né per la verità sembra fermarsi la Borsa argentina, l’indice S&P Merval che da quando l’anarco-capitalista si è insediato alla Casa Rosada ha fatto segnare una performance che non ha pari al mondo, passando da 602mila a 1,29 milioni, ovvero raddoppiando il suo valore.

 

 

 

NEL RIACHUELO

I mercati dunque, che generalmente vengono sbandierati per minacciare le politiche economiche dei presunti “populisti” (vedi Berlusconi), credono ciecamente nelle misure adottate da Milei. E non poteva essere altrimenti visto che tra i principali nemici del presidente c’è la Confederazione generale del Lavoro (Cgt), il sindacato che tra le altre cose ha organizzato lo sciopero di ieri e che non a caso è tra i principali responsabili del disastro economico del Paese. «Non tradite i lavoratori», ha detto ieri il leader Pablo Moyano alla folla, riferendosi all’imminente voto in Parlamento. Il camionista ha anche aggiunto che se i parlamentari appoggeranno tali misure, «il ministro Caputo (quello dell’Economia, ndr) verrà gettato nel Riachuelo», ovvero nel porteño Rio Matanza, lercio affluente del Rio della Plata, noto per il ricorrente ritrovamento di cadaveri (l’ultimo proprio ieri).

 

 

Tra gli ospiti d’onore della manifestazione c’era anche una delegazione della Cgil, che con la Cgt ha più di un’affiliazione ideologica, rappresentata Maria Rosa Arona, membro del Patronato Inca, che ha definito le misure del presidente argentino «un attacco alla democrazia», «un progetto, assolutamente negativo, non per il popolo ma per la casta: quella economica, oligopolistica, monopolistica, internazionale e finanziaria». Alla Cgil italiana ha risposto del tutto involontariamente la ministra degli Esteri Diana Mondino secondo la quale lo sciopero è proprio stato convocato «dall’oligarchia dei milionari con blindati e autisti, falsi rappresentati dei lavoratori». E questo «ci conferma che siamo sulla strada giusta» ha puntualizzato la ministra nel suo messaggio su X. «Continuiamo a essere sorpresi dalla velocità record con cui hanno deciso di indirlo» ha detto invece il portavoce del governo Manuel Adorni, che ha definito lo sciopero stesso «politico e non certo una difesa dei lavoratori».

Il riferimento è alla partecipazione dei partiti di sinistra, peronisti e kirchneristi, ovvero gli altri responsabili della bancarotta argentina, ai quali si sono aggiunti tutti i privilegiati “toccati dai tagli” ad alzo zero di Milei. Tra questi attori e registi che ieri hanno ricevuto l’appoggio di oltre 300 “luminari” del settore, tra cui Pedro Almodóvar, Alejandro González Iñárritu, Aki Kaurismäki e Justine Triet. Questi ultimi hanno scritto una lettera aperta per protestare contro i provvedimenti che includono la riduzione dei contributi statali, la chiusura dell'Istituto Nazionale del Teatro e una modifica alla destinazione delle risorse dell'Istituto Nazionale della Musica.

 

 

 

NON CI SONO SOLDI

Riferendosi ad un appello simile lanciato nei giorni scorsi dall’attore argentino Adrian Suar, il presidente Milei ha risposto che «non ci sono soldi, e se non ci sono soldi bisogna scegliere se usare le risorse dello Stato per finanziare film che nessuno vede (e per mantenere alto il tenore di vita di certi attori in un certo contesto politico) oppure usare quei soldi per nutrire le persone». Più chiaro di così. A dispetto dei proclami e dei titoli roboanti di alcuni siti, italiani compresi, che parlano di milioni di partecipanti, sembra che allo sciopero di ieri abbia aderito solo lo 0,19% dei lavoratori, ovvero 40mila persone «che sono quelle che abbiamo visto per strada» a Buenos Aires, ha specificato Adorni. «Proporre di gettare i ministri nel Riachuelo o demonizzare gli imprenditori, che sono quelli che danno lavoro, sono spasmi di una casta sindacale in ritirata» ha aggiunto il portavoce.

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