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Operazione Aspides, il costituzionalista: "Colpire le basi a terra? La legge non lo esclude"

Fausto Carioti
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Nulla di nuovo, almeno in punta di diritto. Per Giuseppe de Vergottini, costituzionalista italiano tra i più noti e ordinario di diritto pubblico comparato, l’operazione Aspides «si inquadra in numerosi precedenti di missioni delle nostre forze armate» e risponde ai requisiti della Costituzione e della legge che regola le missioni.

Professore, come sempre in questi casi si torna a parlare dell’articolo 11 della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra», anche «come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», eccetera. 
«Sicuramente Aspides risponde ai criteri costituzionali che disciplinano il ricorso alla forza armata. E ciò non solo perché è qualificata come “difensiva”, ma perché rispetta i deliberati delle Nazioni Unite e dell’Unione europea, come vuole l’articolo 11 quando inquadra l’uso della forza armata nell’ambito delle organizzazioni internazionali di sicurezza».

Le deliberazioni dell’Onu e della Ue sono una fonte di legittimità?
«Sì. Il 10 gennaio 2024 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato la Risoluzione 2722, condannando gli attacchi degli Houthi contro le navi mercantili e commerciali e sottolineando l’importanza dell’esercizio dei diritti e delle libertà di navigazione delle navi di tutti gli Stati nel Mar Rosso. Il 29 gennaio lo stesso Consiglio ha approvato un pacchetto di gestione della crisi per un’eventuale operazione di sicurezza marittima della Ue, che è stata istituita l’8 febbraio 2024. E il 19 è entrato in scena il Consiglio dei ministri per gli affari esteri della Ue, deliberando la missione. Infine, occorre considerare la situazione oggettiva».

Ovvero?
«In quell’area c’è una situazione oggettiva di pericolo per la navigazione. Tenuto conto delle normative internazionali di promozione delle misure di contrasto, in questo quadro è sicura la legittimità di una reazione proporzionata, che rientra nel diritto di difesa dalle aggressioni ai sensi dell’articolo 11 della Costituzione».

L’operazione di fatto è già iniziata, con l’abbattimento di un drone da parte del cacciatorpediniere Duilio. E questo senza che il parlamento abbia autorizzato la missione. Tutto normale?
«Quell’abbattimento è stato la naturale doverosa risposta ad un attacco che avrebbe compromesso la nave e il suo equipaggio. Quindi un atto dovuto del tutto legittimo».

Il parlamento discuterà oggi la risoluzione per autorizzare la missione. È un passaggio necessario o poteva essere evitato?
«È un passaggio previsto dalla cosiddetta legge quadro sulle missioni internazionali (la 145 del 2016), la quale richiede che la partecipazione alle missioni internazionali sia autorizzata dal Parlamento. Per quanto riguarda le nuove missioni, come quella di cui stiamo parlando, il primo passaggio è un’apposita delibera del Consiglio dei ministri, da adottarsi previa comunicazione al Presidente della Repubblica. La deliberazione viene quindi comunicata alle Camere che la discutono e adottano appositi atti di indirizzo, procedendo all’autorizzazione. Il voto parlamentare fa quindi parte dell’iter imposto dalla legge».

Le navi italiane potranno intercettare i missili e i droni degli Houti, ma non colpire le basi di terra da cui partono. Non è un limite che può rivelarsi pericoloso?
«La missione è qualificata come difensiva. Quindi reazione ad attacchi. Ma esiste una legittima possibilità di reazione anticipata nell’immediatezza di attacchi da parte dei gruppi terroristici. Spetterà a chi ha la responsabilità di comando decidere se colpire la base di partenza dell’attacco, in modo da evitare di diventare sicuro bersaglio degli attaccanti».

Il mondo sta cambiando rapidamente. La Costituzione, nella parte che riguarda la pace, la difesa e la guerra, è adeguata ai tempi che stiamo vivendo?
«La Costituzione ha subito nel tempo il suo adeguarsi allo statuto delle Nazioni Unite, verso cui aveva fatto una formale apertura. Quindi si è adeguata alla necessità di far parte di organizzazioni di sicurezza quali la Nato e, sotto particolari aspetti, l’Unione europea. Oggi, quindi, non è possibile leggere il rifiuto della guerra e la partecipazione ad organizzazioni di sicurezza accettando limitazioni di sovranità, come afferma l’articolo 11, se non si prende atto dell’evolversi delle modalità di svolgimento dei conflitti internazionali e degli strumenti giuridici escogitati per assicurare la sicurezza in seno a quelle organizzazioni». 

 

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