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Auto, l'invasione della Cina è iniziata: ecco la quota di mercato controllata dal Dragone

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Sandro Iacometti
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La stalla ben chiusa, coni buoi usciti da un pezzo. È questo il primo pensiero che viene alla mente mettendo in correlazione i numeri contenuti nel rapporto dell’Acea (che raggruppa le aziende europee dell’automotive) sulla produzione di auto nel mondo e le strategie della Ue per difendersi dalla concorrenza cinese. Già, perché mentre la Commissione studia e ristudia le misure più efficaci per bloccare l’invasione dei prodotti asiatici si scopre che l’Occidente è stato già ampiamente colonizzato dalle aziende che obbediscono a Pechino. Per carità, prima di vedere una fabbrica cinese operare direttamente in Europa bisognerà aspettare il 2026, quando il colosso dell’elettrico Byd costruirà i suoi impianti in Ungheria. Ma l’assenza di stabilimenti non ha impedito ai cinesi di inondarci con le loro vetture.

BATTAGLIA PERSA
A livello mondiale Pechino ha già vinto. Mettendo a segno una crescita del 9,1%, il Dragone nel 2023 ha prodotto 25,3 milioni di auto, piazzandosi ovviamente al primo posto nel mondo. Per avere un’idea il Giappone, dove opera il colosso mondiale Toyota, si è fermato a 7,7 milioni, malgrado un balzo della produzione del 17,4%. Mentre gli Stati Uniti (+12,4%) sono a quota 11,7 milioni. L’Europa non va malissimo. Il miglioramento del 12,6% le ha permesso di sfornare quasi 15 milioni di unità. Ma il confronto con lo strapotere cinese è impietoso. Dal Paese asiatico, infatti, arriva il 33,5% delle auto che si vendono in tutto il mondo, in pratica una vettura su tre ha il marchio del Dragone. E il Vecchio continente, malgrado gli allarmi e gli annunci di contromisure, non è affatto immune alla penetrazione massiccia dei veicoli asiatici.

 

 

 

Nel 2023, spiega l’Acea, la Ue ha registrato un aumento significativo del valore e del volume delle importazioni di automobili, con aumenti rispettivamente del 34,6% e del 23,7%. A fronte di esportazioni che si sono fermate al 12,7% e al 12,4%. E vediamo adesso come è andata con la Cina. Il Dragone ha confermato anche lo scorso anno la sua posizione di principale fonte di provenienza delle vetture nuove acquistate in Europa, con una crescita robusta del 37,1% e una quota di mercato arrivata al 17,7%.

RIVOLUZIONE
Praticamente, mentre ascoltiamo Mario Draghi che invoca dazi all’ingresso simili a quelli applicati dagli Stati Uniti e aspettiamo che Bruxelles concluda la sua lunghissima indagine sulla concorrenza sleale dei prodotti cinesi, che oltre ad usufruire di materie prime a basso costo e di manodopera a buon mercato ricevono anche ingenti sussidi dallo Stato, il Dragone già vende nel nostro Continente circa un’auto su cinque. Quota che sarà destinata drammaticamente a salire quando entreranno in vigore i divieti imposti dalla Ue sulla produzione dei motori endotermici. La data fissata è il 2035. Ma la rivoluzione è già in atto. Se le auto a benzina si difendono a colpi di ottani, con una quota di mercato del 35,3%, quelle ibride sono al secondo posto, con il 25,8%, ma quelle elettriche hanno per la prima volta superato il diesel, con il 14,6% delle immatricolazioni rispetto al 13,6%. E c’è poco da stare allegri anche per quello che riguarda il nostro Paese. Se in termini di crescita l’Italia si è piazzata al terzo posto dopo Germania (leader anche per produzione) e Belgio, per numero di auto realizzate siamo al sesto posto. Ci superano pure Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia e, manco a dirlo Francia

 

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