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Volkswagen, licenziamenti forzati e chiusura di fabbriche: Germania in panne

Sandro Iacometti
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Licenziamenti forzati e, forse, la chiusura della prima fabbrica. Da mesi ci aspettiamo il patatrac in Italia, con Stellantis che continua a perdere quote di mercato, a delocalizzare, a desertificare i nostri stabilimenti. E invece l’annuncio shock è arrivato dalla Germania. Quello che non ti saresti mai aspettato perché, con tutto il rispetto per la nostra vecchia Fiat, la Volkswagen per gli automobilisti (e non solo) è qualcosa che rasenta la mitologia. È il colosso granitico, l’azienda che ha conquistato il mondo con il suo Maggiolino, auto nazista diventata poi il simbolo della cultura hippie (sopravvissuta così alla furia della cancel culture), il gruppo che per anni (malgrado il disastro del diesel-gate) è stato sul primo gradino del podio planetario delle vendite, quello che, si diceva una volta da noi, produce auto un po’ più costose delle altre ma indistruttibili. Del resto, si sa, i tedeschi fanno le cose per bene. Forse un tempo. Ora, però, con la recessione economica, la fiducia delle imprese a picco, quella dei consumatori pure, il governo claudicante, e l’estrema destra che straripa sulla spinta della crisi e dell’incapacità della sinistra di dare risposte concrete alle emergenze che attanagliano il Paese, le vecchie certezze stanno andando in frantumi. (...)

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