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Beirut, esplodono i cercapersone: Hezbollah nel mirino, clamoroso attacco hacker

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Pesante attacco hacker a Beirut, in Libano, e a Damasco, in Siria: centinaia di Hezbollah e di cittadini sono rimasti feriti a seguito dell'esplosione dei loro cercapersone, che sarebbero stati manomessi prima della consegna. Nelle esplosioni sono rimaste uccise 15 persone: tra questi, una bambina di nove anni, Fatima Jaafar Abdullah, e due "combattenti" del movimento libanese, uno dei quali sarebbe il figlio del deputato del gruppo Ali Ammar. Tra i feriti, invece, c'è l'ambasciatore iraniano in Libano Mojtaba Amani. Lo riporta Haaretz. Secondo fonti della sicurezza israeliana, come riferisce Channel 12, si trattava di dispositivi di ultima generazione che gli Hezbollah usavano solo da pochi mesi. 

L'analista militare Elijah Magnier ha spiegato ad Al Jazeera che gli Hezbollah comunicano con i cercapersone per evitare che Israele intercetti le loro comunicazioni. Questi dispositivi, infatti, non richiedono schede Sim o connessioni Internet, e questo li rende più difficili da individuare. Sulla possibile manomissione a distanza, l'esperto ha detto: "Questo non è un sistema nuovo. È stato usato in passato. Quindi in questo caso c'è stato il coinvolgimento di una terza parte per consentire l'accesso e per attivare da remoto l'esplosione". 

Intanto, Israele ha negato ogni responsabilità. L'ufficio del premier Benjamin Netanyahu ha preso le distanze da un ex collaboratore del primo ministro, Topaz Luk, che sui social aveva parlato implicitamente di un coinvolgimento di Tel Aviv. L'uomo, in particolare, aveva commentato un post su X in cui si affermava che Netanyahu non aveva ancora preso nessuna iniziativa importante in Libano prima del suo viaggio a New York, in programma la prossima settimana. "Non è durata molto", aveva scritto Luk, riferendosi all'inattività del premier israeliano, salvo poi cancellare il commento. A quel punto è arrivata la precisazione dell'ufficio di Netanyahu: "Topaz Luk da alcuni mesi non è portavoce del primo ministro e non è coinvolto nel più ristretto cerchio delle discussioni". Hezbollah, però, non ha dubbi: ha accusato Israele della "totale responsabilità" per le esplosioni, avvertendo che ci sarà una "giusta punizione".

Fonti vicine ad Hezbollah, invece, avrebbero detto all'agenzia France Presse che ci sarebbe un'operazione di hackeraggio degli israeliani dietro le esplosioni dei cercapersone. Le detonazioni, sempre secondo le stesse fonti, sarebbero partite dalle batterie al litio contenute nei dispositivi. Queste batterie, se surriscaldate, possono fondere fino a prendere fuoco. Un funzionario di Hezbollah, che ha voluto mantenere l'anonimato, ha affermato che l'esplosione dei cercapersone è stata "la più grande violazione della sicurezza" a cui il gruppo abbia mai assistito in quasi un anno di guerra con Israele.

 

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