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Angela Merkel, la verità su Berlusconi: "La sua caduta? Ecco com'è andata"

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"Smentisco categoricamente. Non ho fatto cadere io Silvio Berlusconi". In una lunga intervista-confessione al Corriere della Sera, l'ex cancelliera tedesca Angela Merkel ripercorre gli anni cruciali del suo mandato in occasione dell'uscita della sua autobiografia. E uno dei passaggi-chiave è ovviamente quello del 2011, durante la drammatica crisi dell'Unione europea con lo spettro del default economico della Grecia che avrebbe potuto portare al "contagio" dei Paesi più fragili, Italia in testa.

In quei mesi cruciali si parlava di "euro-golpe" e di chiare responsabilità di Berlino e Parigi nel percorso che portò l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a convincere il Cavaliere al passo indietro, per sostituirlo con Mario Monti che veniva visto dai partner Ue come garanzia di stabilità assoluta.

ANGELA E SILVIO - "Non mi sono mai immischiata negli affari interni di un Paese amico. E di questa variante non avevo mai sentito parlare", ha sottolineato la Merkel, secondo cui la famosa conferenza stampa con l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy a un Consiglio europeo a Bruxelles nel 2011 (quello dei sorrisini incrociati tra i due leader) non avrebbe contribuito alla crisi del governo di centrodestra italiano. "Non è assolutamente possibile che un capo di governo straniero causi la caduta di un altro. Questo ha sempre a che fare con i fatti interni di un Paese". "Con Silvio Berlusconi - ha proseguito - ho lavorato più amichevolmente di quanto molti pensavano. Si adoperava sempre per raggiungere comuni compromessi europei. Questo l'ho apprezzato. Durante la crisi dell'euro la cooperazione con lui si è fatta più difficile". Berlusconi, ha sottolineato ancora, era "un vero europeista".

 

 

 

ANGELA E DRAGHI - Altro tema caldo, Mario Draghi. Da presidente della Bce, riuscì col suo "bazooka" e il whatever it takes a salvare l'euro e ridurre gli spread, sfruttando ogni margine possibile anche alla luce del no agli eurobond che proveniva dal Berlino. "Naturalmente, ho parlato spesso con Draghi dell'euro e della sua salvezza. Ho chiarito che sostenevo una rigorosa separazione tra le azioni dei governi e quelle delle banche centrali, per me un principio costitutivo dell'euro. Draghi la vedeva alla stessa maniera. Perciò, non era necessario parlarne ulteriormente. Lui era d'accordo che noi facessimo tutto il possibile, attraverso le riforme, per rafforzare l'economia dei nostri Paesi. Allo stesso tempo, rifletteva su cosa potesse fare nell'ambito di sua competenza. Ha compreso al 100% che non mi sarei mai intromessa nella politica monetaria", ha continuato. Nel suo ruolo di presidente della Bce, ha concluso Merkel riferendosi ancora a Draghi, "ha agito con grande coraggio. Conosceva i mercati finanziari e sapeva che nessuna riforma da sola, per quanto valida, li avrebbe soddisfatti, a meno che non avessimo introdotto politicamente gli eurobond. Ma sapeva anche che io non li avrei mai accettati, perché non sarebbe stato compatibile con le basi giuridiche dell'euro. Per questo motivo ha sfruttato appieno il margine di manovra a sua disposizione".

ANGELA E TRUMP - Dal passato al presente. Nei rapporti con Donald Trump, i governi Ue devono "difendere i propri interessi", sia a livello nazionale che europeo. "Per Trump non ci sono mai situazioni win win, dove entrambi i partner di un accordo ottengono vantaggi. Per lui o l'uno o l'altro deve ottenere un profitto. E' un'idea che non condivido. Penso che abbiamo concluso molti accordi nel mondo, vantaggiosi per entrambe le parti. Credo nella forza dei compromessi, a differenza di Trump. La cosa più importante è cooperare con Trump, da partner e rappresentanti di un Paese, liberi da paure e sicuri di sé, difendendo i propri interessi, nel mio caso quelli tedeschi ed europei, in modo chiaro così come lui difende i suoi".

 

 

 

ANGELA E PUTIN -  Per risolvere la guerra ucraina, c'è bisogno sia della deterrenza sia dei colloqui con la Russia di Vladimir Putin. E a decidere non può essere soltanto Kiev. "Abbiamo bisogno della doppia azione, da un lato colloqui e contatti, dall'altro deterrenza. Ne ero e ne rimango convinta". "Sulla trattativa, naturalmente nulla deve passare sopra la testa dell'Ucraina. Allo stesso tempo - ha tuttavia aggiunto - penso che i molti Paesi che sostengono l'Ucraina debbano decidere insieme a essa quando si potrà discutere con la Russia di una soluzione diplomatica. Non può essere solo Kiev a decidere. Quando questo succederà, non essendo più attiva in politica, non sono in grado di dirlo". La Merkel ha ovviamente detto la sua anche su Putin: "Io conoscevo molto bene le intenzioni del presidente. Egli le ha sempre espresse sia pubblicamente che nei colloqui riservati. Conoscevo molti dei suoi obiettivi e sapevo che non avevamo a che fare con un amico dell'Europa. La questione è solo come uno reagisce. La mia risposta non è stata di non avere più alcun rapporto con Putin, ma piuttosto di cercare di impedire l'invasione dell'Ucraina attraverso colloqui, a volte anche molto polemici nei quali non ho usato alcun giro di parole. Per un certo periodo ha funzionato. Con l'inizio della guerra russa contro l'Ucraina, la situazione è fondamentalmente cambiata", ha osservato Merkel, secondo cui "quella che per me è stata la più grande gioia della mia vita - la fine della Guerra Fredda, la caduta del Muro, la riunificazione tedesca e l'unità dell'Europa - per lui è legata alla peggiore disgrazia del XX secolo, la fine dell'Unione Sovietica. Ciò dimostra che le nostre vedute erano diametralmente opposte". 

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