Trump, Macron e la ricerca di un nuovo Wojtyla

Conclave, è un punto di svolta: i conservatori con Donald, i progressisti con il francese. La Chiesa del dopo Bergoglio sarà uno snodo fondamentale
di Mario Sechimartedì 6 maggio 2025
Trump, Macron e la ricerca di un nuovo Wojtyla
4' di lettura

Il 5 maggio, giorno della morte di Napeoleone Bonaparte, l’imperatore che fece arrestare Pio VII, ho fatto un secondo giro per le sette chiese di Roma. Cosa si dice nei Sacri Palazzi alla vigilia del Conclave? Cosa è successo in questi giorni dopo la morte del Papa, quelli che vanno dal funerale di Francesco alla riunione dei cardinali nella Cappella Sistina? Qual è lo scenario dell’elezione del nuovo Pontefice?

La “Vox Populi Vox Dei” dice che siamo di fronte a una grande battaglia tra Cesare e Dio, dove i ruoli si mischiano, Dio è Cesare e Cesare è Dio, dove si intrecciano il potere temporale e lo Spirito Santo, una grande partita a scacchi tra conservatori e progressisti, destra e sinistra, il regno della libertà e quello del proibito. Gli attori principali si chiamano Donald Trump ed Emmanuel Macron, si muovono in uno scenario con molte altre figure, sembra di essere a teatro con William Shakespeare. La Casa Bianca e l’Eliseo hanno obiettivi opposti, che si sovrappongono e si separano da quelli della Chiesa del dopo Francesco.

Pochi ricordano che il grande movimento di espansione della libertà e della democrazia degli anni Ottanta e Novanta fu il prodotto di una straordinaria coppia di uomini della Provvidenza, Ronald Reagan e Karol Wojtyla, il presidente venuto da Hollywood e il Papa venuto da lontano.

Due conservatori, una coppia di outsider che rivoluzionò il quadro geopolitico che era nato dopo la Seconda Guerra Mondiale con gli accordi di Yalta. Il Papa polacco col cacciavite di Solidarnosc, il presidente californiano con le guerre stellari, la forza della religione e la polvere da sparo, così cadde il Muro di Berlino nel 1989 e si dissolse l’Unione Sovietica nel 1991. Fu il trionfo dell’ordine liberale e la sconfitta del comunismo, delle bandiere rosse, del totalitarismo. Tra i due campioni, uno alla Casa Bianca e l’altro nel Palazzo Apostolico, c’era una Lady di Ferro al numero 10 di Downing Street, Margaret Thatcher.

L’elezione di Wojtyla fu il segno della provvidenza, l’innesco di un big bang. Trentacinque anni dopo, Donald Trump cerca il suo Karol Wojtyla, un Papa che predica la democrazia, l’unione dell’Occidente, la fine dell’illuminismo che desacralizza tutto. Dall’altra parte della barricata, c’è Emmanuel Macron, l’attivismo del presidente francese non è casuale, l’incontro con i suoi cardinali, il nervosismo che gli è scappato contro Libero, sono i segni visibili di una manovra: anche Macron sta cercando il suo grande Predicatore, un Papa progressista, che si contrapponga alla rivoluzione conservatrice di Trump negli Stati Uniti e di quella che è chiaramente la figura che sostituisce oggi la Thatcher, Giorgia Meloni.

I conclavi sono sempre stati teatro di manovra, intrigo, accordo e colpo di scena, ma quello che si apre domani mostra tutti i segni di un punto di svolta, di una battaglia tra forze politiche che hanno bisogno di una figura sacra per rinforzare e diffondere le loro idee, l’cona del Papa. Macron non ha incontrato i suoi cardinali per parlare dello Spirito Santo, Trump non è volato ai funerali di Francesco per caso, Zelensky non ha incontrato il presidente americano per capriccio, San Pietro è diventato (di nuovo) il centro del mondo.

Molti dopo aver visto quel proiettile sfiorare la tempia di Trump a Butler, durante la campagna per le presidenziali 2024, hanno pensato che Donald fosse il presidente della Provvidenza. Se lo chiedono i giornali (persino il Wall Street Journal) e, certo, se hai schivato la morte e ora hai deciso di combattere una battaglia contro Wall Street per sostenere l’uomo di Main Street, qualcosa di imponderabile deve esserci. Ma anche nella stessa insistenza con cui Macron agisce, nel suo attivismo parossistico, nelle sue gaffe, nelle sue arrabbiature, c’è qualcosa di mistico. In entrambi è il potere che cerca di catturare il trascendendente, ciò che non può avere e dunque prova a conquistarlo, influenzando la scelta del nuovo Papa. È chiaro che il disegno di Macron, progressista, illuminista, laicista, è la ricerca di un nuovo predicatore che indichi un confine preciso, tracci un solco, di ciò che è bene e ciò che è male, non solo nel campo dello spirito, nel campo della fede ma anche in quello della politica.

Tutte le mosse che si sono consumate in Europa per fermare i partiti di destra (da AfD in Germania ai sovranisti in Romania) fanno parte di questo scenario che oscilla tra libertà e censura, lecito e proibito, la voce del Papa in uno scenario simile può essere decisiva. Mancano 24 ore, questo articolo va in pagina e non ci sono per il momento cordate vincenti, nei sacri palazzi si dice che c’è ancora tempo, che alla fine lo Spirito Santo deciderà per il meglio, forse come sosteneva papa Ratzinger darà una mano a evitare il peggio. Al tramonto del 5 maggio, dopo aver visitato la chiesa di Santa Dorotea a Trastevere, un altro pezzo del mosaico prima del conclave è visibile, tutto quello che abbiamo raccontato finora fa parte di un movimento di forze, spinte e controspinte, dove la volontà degli uomini si mischia improvvisamente con il sacro. Il prossimo Papa sarà il nuovo grande predicatore, potrà servire Trump, potrà servire Macron, potrà servire la Chiesa, nell’incredibile giorno potrebbe persino non servire a nessuno, lasciare che tutto finisca senza che nulla abbia inizio. Per chi crede non resta che pregare, per chi non crede non resta che aspettare. Per il vostro cronista restano ancora molte pagine da scrivere.