A Cannes la grandeur di Macron resta in mutande

Sabotaggio: blackout al Festival, un'altra croce sull'orgoglio del presidente
di Marco Patricellidomenica 25 maggio 2025
A Cannes la grandeur di Macron resta in mutande
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Dalla Croisette di Cannes un’altra croce sull’orgoglio di Emmanuel Macron. Al presidente che sognava di essere De Gaulle da un po’ di tempo e suo malgrado le cose girano male, in casa e fuori casa. Si è spenta la luce, e non per modo di dire, nella Francia la cui capitale Parigi è nota come Ville Lumière e dove quel genio del marketing e dell’automobile che era André Citroën illuminò col suo nome la Tour Eiffel. Avveniva un secolo fa e pochissimi spiccioli, e la grandeur francese poté gonfiare il petto per l’efficientismo e l’originalità di quella pubblicità che fece il giro del mondo. Quest’anno al Festival di Cannes si è messa la sordina all’eccentricità e agli eccessi del guardaroba sul tappeto rosso ed è andata in tilt l’elettricità con pure gli accessi a internet.

Non bastasse la caduta di stile e di tensione per il black out in Francia, il destino cinico e baro accanito sui transalpini ci ha messo pure una firma dolosa, per il momento anonima ma sempre inquietante, sul taglio di tre dei quattro tralicci della linea elettrica ad alta tensione che rifornisce Cannes.

Altro che incidente fortuito, proprio un accidente voluto, con buona pace delle misure di sicurezza per far brillare stelle, stelline e stellette del firmamento cinematografico che hanno rischiato il chiaro di luna proprio con la cerimonia conclusiva per l’assegnazione delle Palme d’oro festivaliere, senza le energie creative del cinema italiano fuori gioco prima di rimanere tutti senza energia elettrica. Al di là della matrice, in Costa azzurra ha fatto acqua l’ambaradan che doveva garantire una vetrina di prestigio alla Francia attraverso il cinema che è stato inventato proprio da queste parti, ironia della sorte, da due fratelli che si chiamavano Lumière.

COLLOQUIO IN VATICANO

La luce se n’è andata per caso e per sabotaggio, e si è spento un altro led della gestione Macron, che non ancora aveva assorbito lo sgarbo del predellino negato al colloquio vaticano Trump-Zelensky e della poltrona romana del bilaterale Usa-UE che Giorgia Meloni neanche si era sognata di riservare al “cugino” latino dell’Eliseo.
Figuraccia in mondovisione di disservizio e di scarsa attenzione, per di più dopo che proprio les italiens si erano permessi di organizzare impeccabilmente ogni dettaglio delle esequie di papa Francesco, dando una lezione di efficienza e concretezza. Roba da chiamare al capezzale dell’onore nazionale ferito l’ispettore Clouseau della Sûreté, dopo cinque ore interminabili con i riflettori spenti davanti a chi vive nella loro luce, lo sconcerto di attori e registi proverbialmente maniacali e infastiditi da ogni contrattempo sul set e figurarsi durante la liturgia laica della premiazione, la frenesia di far ripartire la macchina per portarla al traguardo di una cerimonia, la settantottesima della storia, funestata dall’imprevisto.
Imbarazzi sul flop lungo trecento minuti e decisionismo minimizzante sulle conseguenze, dichiarazioni diplomatiche e di cartavetro a seconda dei bersagli, corsa contro il tempo per il ripristino dell’erogazione elettrica concentrata su Cannes perché the show must go on.
Il problemino d’immagine di Macron diventa un problemone nazionale se le indagini accerteranno che davvero è stato messo a segno un sabotaggio, di cui vanno chiariti autori e finalità. Una zona d’ombra nel buio degli anni luce.