Thomas Mann, i sassi alle finestre di Hitler (e contro i tedeschi)

In un libro i messaggi-radio dello scrittore premio Nobel contro il Führer e gli appelli disperati ai suoi connazionali
di Carmelo Claudio Pistillolunedì 23 giugno 2025
Thomas Mann, i sassi alle finestre di Hitler (e contro i tedeschi)
4' di lettura

Nel mese di ottobre del 1940, ormai esule negli Stati Uniti dal 1933, Thomas Mann (1875-1955), incaricato dall'Università di Princeton come Lecturer in the Humanities, comincia a scrivere il primo dei cinquantanove messaggi radiofonici trasmessi dalla Bbc di Londra dal 1940 al 1945 contro la dittatura hitleriana. La Germania, obnubilata dai deliri sanguinari del Führer, ha già occupato Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, le isole britanniche del canale della Manica Guernsey e Jersey. La Germania domina tutta l'Europa, da Capo Nord ai Pirenei, a eccezione della Svizzera. All’inizio del 1941 toccherà anche alla Jugoslavia e alla Grecia. Il 22 giugno 1941 la Germania, senza dichiarazione di guerra, azzarda pure l'invasione dell’Unione Sovietica, che per due anni era stata un alleato prezioso, con l'invio di milioni di tonnellate di generi alimentari, cotone carburanti, metalli. Thomas Mann, insignito del premio Nobel sin dal 1929, arma la sua parola, e dall’America, dove ha trovato rifugio, lancia furiosi insulti ai criminali nazisti, distruttori e profanatori dei diritti dei popoli.

L’apertura dei suoi Messages è ossessivamente la stessa, «Tedeschi, ascoltate!», seguita da una potente furia morale e lessicale contro quella genocidiaria hitleriana e dei suoi sicari dissanguatori nazionalsocialisti. Mann non s’arrende all’evidenza che la maggior parte del popolo tedesco sia tenuto al guinzaglio da una ciurma di criminali posseduti dai vaniloqui del demonio del male, che voleva fare il pittore. L’illusionista Mago Cipolla, il gobbo malefico protagonista del romanzo manniano Mario il mago, del 1930, è solo una caricatura ironica di ciò che il male è in grado di produrre nella mente disturbata di un uomo.

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Ai tedeschi Mann chiede di salvare l'anima, di ribellarsi all’orrore nazista e di rifiutare la cieca obbedienza ai discorsi paranoici e dissennati di quel miserabile mistificatore di Hitler, «la figura più ripugnante sulla quale sia caduta la luce della storia» del Novecento insieme a quella altrettanto repellente del montanaro del Cremlino, definito così dal poeta Ósip Mandel’ Štam (ndr). Con Tiro sassi alla finestra di Hitler. I messaggi radiofonici di Thomas Mann (Salerno Editrice, euro 14, pp.128.) Arnaldo Benini presenta un suo egregio lavoro comprendente sia la traduzione dei messaggi radiofonici manniani e, per la prima volta, quella delle note del suo diario compilato in quegli stessi anni.

L'autore di Morte a Venezia e di tanti capolavori, definì quei messaggi Steine in Hitlers Fenster ovvero sassate alla finestra di Hitler. Purtroppo, le sassate “vere” colpirono la sua Lubecca, la prima città tedesca rasa al suolo per il 40% dai bombardieri inglesi nell’aprile del 1942. Nel 1921, quando il partito nazista contava non più di quattromila iscritti, Mann, si era già esposto condannando le «cretinerie della croce uncinata» e la «bestialità della svastica». Aggiungendo di sentirsi il «nemico più profondo di Hitler».

Per Javier Marías Mann è l’incarnazione dell'opposizione al nazismo dal principio alla fine, anche se, precisa, le sue idee politiche o apolitiche, non furono mai chiare né raccomandabili. Secondo lo scrittore spagnolo Mann pensava a una formula vagamente ambigua come dittatura illuminata. Tuttavia è indubbio che la pubblica battaglia di Mann non ha eguali fra gli scrittori di quel periodo. Infatti, ancora nel 1930 tiene una conferenza a Berlino dal titolo Appello alla ragionevolezza in cui prevede le mostruosità e il carattere orgiastico e inumano del nazismo, il Moloch della guerra.

E' del 1938 il suo pamphlet This peace, in cui censura l’accordo concluso a Monaco fra Germania, Italia, Inghilterra e Francia, che prevedeva la cessione senza alcuna condizione dei Sudeti cecoslovacchi alla Germania, facendo precipitare la parte migliore del mondo «nella più profonda disperazione». Nel saggio Mann non sottovaluta l’ipotesi che ci sia stata una più o meno inconsapevole disponibilità psicologica dell’Europa all’infiltrazione fascista in senso «politico, morale e intellettuale».

Il tono dei suoi messaggi ricorda quello di un predicatore errante e, da un altro punto di vista, quello di un poeta visionario come Walt Whitman, in stato di grazia. Quando Hitler si trova fra le mani il saggio di Mann, non trova di meglio che accusarlo di voler portare una rivoluzione in Germania quando i rivoluzionari stanno in Inghilterra. La risposta dello scrittore tedesco a questa spregiudicata irrisione, non si fa attendere ed è impietosa: «Da quella bocca è uscita tanta immondizia che provo una leggera nausea a sentirla pronunciare il mio nome». L’illusione di Mann fu che ci fosse differenza tra il popolo tedesco e il nazionalsocialismo. Da qui la sua pervicacia nell’esortare i tedeschi a ribellarsi nonostante sappia bene la quasi impossibilità a smantellare un regime carico di crimini, di milioni di soldati e complicità. $ difficile stabilire quanti tedeschi ascoltassero gli allarmi di Mann. Mentre la Bbc sosteneva poco verosimilmente una very large audience, il ministero della propaganda tedesca, sin dal mese di marzo del 1941 sollecitava i giornali ad aggredire e ostacolare le trasmissioni del premio Nobel.

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Il 30 dicembre 1945 Mann spiega i motivi che gli impediscono di abbandonare «l’arsenale della democrazia» (Roosevelt) americana e rientrare nella sua patria devastata: «Il nazionalsocialismo mi ha insegnato cos’è l’odio». Il suo messaggio è un sofferto j’accuse al popolo tedesco che dal 1933 al 1939 poteva far scoppiare una rivoluzione salvatrice e invece per sei anni ancora ha tollerato un regime di mascalzoni sanguinari in nome della razza ariana. Per Mann il popolo tedesco ha le sue responsabilità mentre colpevole è chi materialmente ha agito disumanamente con massacri e genocidi. Nel mese di febbraio del 1942 lo scrittore esprime il suo disgusto perla deriva morale del popolo tedesco, facendo emergere una inoppugnabile verità storica valida ancora oggi quando un esercito invade senza ragione un altro paese: «Con quale faccia ciò che è tedesco vuol presentarsi alla società umana dopo questa guerra?». Né in America, né in Germania. Thomas Mann si spegnerà a Zurigo il 12 agosto 1955.

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