Mikhail Bogdanov ha lasciato il suo incarico di vice ministro degli Esteri russo e inviato del Cremlino per il Medio oriente e l'Africa proprio il giorno in cui, il 9 luglio scorso, il Presidente siriano ad interim Ahmed al-Sharaa riceveva l’inviato degli Stati Uniti per la Siria, l’ambasciatore ad Ankara, Tom Barak e una delegazione del dipartimento di Stato Usa. Secondo un articolo apparso sul sito dell'emittente Al Jazeera, l’avvicendamento sarebbe chiaramente collegabile al silenzio di Mosca sugli ultimi sviluppi che ci sono stati nella stessa Siria. Intervistato da Al Jazeera Igor Zabarovtsov, ricercatore presso l’Istituto di Studi Strategici di Mosca, ha spiegato che «la rimozione di Bogdanov non è stata una punizione, ma rappresenta l'inizio di un cambiamento globale nella politica estera russa, imposto dagli sviluppi rapidi in Medio Oriente, tra cui il cambio di regime in Siria, la guerra tra Iran e Israele e l'instabilità delle vecchie alleanze su cui Mosca ha costruito la sua presenza regionale».
Le dimissioni del super diplomatico di Mosca in Medio Oriente, considerato una delle figure chiave sin dall'inizio della sua lunga carriera di diplomatico concentrato sui dossier mediorientali, pur se giustificate con i suoi 73 anni, «segnano la fine di una certa fase della politica di Mosca nella regione», ha spiegato Novaya Gazeta Europa, giornale del Nobel per la Pace Dmitrij Muratov, ora in esilio. Bodganov ha provato fino all'ultimo, senza risultato, a ricucire relazioni con il nuovo potere dopo la caduta di Bashar al Assad, usando la sua vasta rete di contatti a Damasco.
Melania "Trumpenko", agente sotto copertura: schiaffo a Putin
"Melania Trumpenko": la first lady americana è diventata l'idolo degli ucraini, come si può ...Ma la repentina caduta dell'alleato di Putin non era stato in grado di prevederla. Le linee guida di politica estera della nuova leadership siriana si stanno così ora chiaramente spostando verso il rafforzamento dei legami con Washington e il destino delle basi militari russe in Siria, e della presenza russa nel Mediterraneo nel suo complesso, sono appesi a un filo, anche se Bogdanov ha continuato a esprimere ottimismo sull’andamento dei contatti con Damasco perla conferma delle concessioni, negoziati confermati ora dal vice ministro degli Esteri Sergei Vershinin. Lo scorso maggio, la Siria ha affidato il porto civile di Tartus a una società emiratina, non certo un segnale positivo per Mosca. Come condizione per il mantenimento della presenza militare russa in Siria, Al Sharaa aveva chiesto da subito l’estradizione di Assad. Un prezzo che Putin non è stato disposto a pagare.
All'incontro fra Stati Uniti e Al Sharaa era presente anche una delegazione delle Forze Democratiche Siriane (Sdf), le forze militari curde storicamente sostenute dagli Usa. Questa partecipazione conferma l'apertura di una nuova fase delle relazioni in cui Washington cerca di mantenere la propria influenza in Siria, facendo affidamento però non più solo su strutture autonome, come i curdi siriani, ma sulla ripresa delle relazioni con il governo centrale. Per questo, Washington preme ora perché le milizie curde siano assorbite nelle forze siriane.