Afghanistan, volevamo esportare la democrazia e siamo finiti a importare profughi. Il fallimento europeo in poche ore

mercoledì 18 agosto 2021
 Profughi al confine col Pakistan

 Profughi al confine col Pakistan

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Dopo i lacrimoni per le immagini forti, quelle degli afghani aggrappati alle fusoliere degli aerei, adesso arriva la parte difficile. L'Europa deve farsi carico del problema dei rifugiati. E non è facile, visto che su questo tema l'Unione ha latitato e sono sempre prevalsi gli egoismi nazionali. La prima ad ammetterlo è Angela Merkel, in una conferenza a Berlino: «È un punto debole della nostra Ue il fatto che non abbiamo costruito una politica di asilo comune». Lo sa bene l'Italia, che spesso si è dovuta scontrare contro il muro opposto da Bruxelles di fronte alla opportunità di redistribuire i migranti in arrivo sulle coste del Mediterraneo. Ma stavolta i profughi afghani non seguiranno le rotte marittime. O non solo quelle. E il problema sarà principalmente dei paesi continentali.

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PROBLEMA EUROPEO - Prima di affrontare la questione di contingenti per l'accoglienza degli afghani in Europa, aggiunge la cancelliera tedesca chiudendo subito la porta, «bisogna parlare di possibilità sicure per i rifugiati nei Paesi vicini». Secondo la Merkel il problema riguarda in prima istanza Iran e Pakistan. E non la Germania. Comunque Angela assicura di volersi occupare dell'emergenza parlando in primis con il presidente dell'alto commissariato per i rifugiati dell'Onu. «In un secondo tempo potremo riflettere sulla questione, se le persone particolarmente colpite e deboli debbano venire in Europa», ha aggiunto, il che dovrebbe avvenire «in modo controllato». L'Unione europea, per il momento, è concentrata sulla massima priorità del momento della crisi afghana: l'evacuazione in sicurezza dei suoi cittadini e di tutti coloro che hanno collaborato con le istituzioni europee in loco negli ultimi anni. Lo ha sottolineato, rispondendo alle domande sulla crisi in Afghanistan, il portavoce del Servizio di azione esterna Ue, Peter Stano, al briefing della Commissione a Bruxelles. «La situazione è in evoluzione, e la nostra massima priorità in questa fase è di salvare al più presto i cittadini europei che si trovano a Kabul», ha detto Stano. Quanto alla gestione del previsto aumento dei flussi migratori, sarà oggetto di «discussioni al massimo livello, a partire da quella in programma oggi (ieri, ndr) al Consiglio dei ministri degli Esteri», ha spiegato.

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CLASSIFICAZIONE - Resta un altro tema, non meno importante: la decisione sulla classificazione dell'Afghanistan. In questo momento è considerato un paese «sicuro» e le richieste di asilo dei profughi vengono respinte, ma la revisione è urgente e dipende dall'evoluzione degli eventi «sul campo». Infine, alla domanda sull'esistenza di contatti dell'Unione con i talebani, il portavoce ha evitato di rispondere. Sul tema si è espresso anche Paolo Gentiloni: l'urgenza, ha detto il commissario europeo al Messaggero, è dare una risposta «a chi fugge dal regime dei talebani, alle donne private di ogni diritto. È evidente che un impegno diverso sarà necessario». L'atteggiamento «dovrà essere ispirato alla ragionevolezza, ma anche all'accoglienza.

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Giorni fa il primo ministro canadese Justin Trudeau ha annunciato un aumento delle quote di ingresso riservate agli afghani per accogliere altre 20 mila persone. Penso che l'Europa inevitabilmente dovrà attrezzarsi per corridoi umanitari e accoglienze organizzate, anche per evitare flussi incontrollati di clandestini. O almeno dovrebbero farlo i Paesi che sono disponibili». Ecco. Perché alcuni hanno già messo le mani avanti. La Grecia «non sarà e non potrà essere un fulcro di accoglienza per i profughi provenienti dall'Afghanistan». Lo ha dichiarato il ministro dell'Immigrazione Notis Mitarachi, che ha invece richiesto una risposta comune a livello europeo al conflitto in atto in Afghanistan. Durante la crisi europea dei migranti del 2015, le isole greche dell'Egeo avevano invece accolto quasi un milione di persone.