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Meloni-Von der Leyen, dall'Emila alla Sicilia: le due leader si capiscono

Pietro De Leo
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Riavvolgiamo il nastro: 22 settembre dello scorso anno, penultimo giorno di campagna elettorale in Italia. Il centrodestra è avviato verso una vittoria pronosticata da settimane senza troppi patemi statistici, così come appare pressoché certo che la coalizione proporrà al Presidente della Repubblica il nome di Giorgia Meloni, in quando leader del primo partito, come guida del governo.

Dall’altra parte del mondo, nel New Jersey, Ursula von der Leyen sta tenendo un incontro all’università di Princeton. A domanda sull’appuntamento con le urne nel Belpaese, risponde: «Vedremo il risultato delle elezioni in Italia, ma se le cose andranno in una situazione difficile, come nel caso di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti». Un siluro, già, che consentiva di aggiungere inchiostro a certa stampa impegnata nel prefigurare un’Italia isolata a livello internazionale in caso di vittoria del centrodestra. Proprio alle parole della presidente della Commissione si agganciava qualche giorno dopo il Financial Times, per commentare il risultato della partita italiana. La posizione di von der Leyen, si leggeva nella newsletter, «offre un primo assaggio del ruolo ridotto dell’Italia sulla scena europea».

Riportiamo il nastro al qui e ora, anzi, a ieri. Ursula von der Leyen che stravolge l’agenda, posticipa la partenza per l’Assemblea generale dell’Onu e si precipita a Lampedusa, dove gonfia il dramma dell’immigrazione irregolare che punta dritta all’Europa. E tiene una conferenza stampa con parole per molti aspetti sovrapponibili a quelle di Giorgia Meloni. L’ultimo capitolo di una cronaca in cui il filo del telefono tra Roma e Bruxelles, pur in uno scenario ricco di asperità, non si è mai interrotto. Ecco von der Leyen, allora, arrivare a maggio nelle zone colpite dall’alluvione in Emilia Romagna, e sorvolare insieme alla premier italiana quella terra stravolta e ferita. 

 

Eccole poi insieme in Tunisia, con il primo ministro uscente dell’Olanda Mark Rutte a firmare il memorandum per contenere il flusso migratorio. «Il team Europe è tornata a Tunisi», scriveva Von der Leyen sui social mettendo a corredo una foto in cui era inquadrata anche Giorgia Meloni. Team Europe, squadra Europa. Con Roma (ovviamente) dentro. L’allarme sollevato dalla sinistra, mascherando malamente un auspicio, di un’Italia marginalizzata nel contesto europeo grattato via, mese dopo mese. Poco non è, sul piano politico. Per quanto resti tutta da verificare la capacità europea di trasformare gli intendimenti sull’immigrazione in azioni concrete. Ma questa è un'altra storia.

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