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Giorgia Meloni, l'Ue le dà ragione sugli aiuti di Stato

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Giorgia Meloni

Antonio Rapisarda
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Alla vigilia della prima “pagella” di Bruxelles sui documenti di Bilancio dei Paesi dell’area euro, l’Italia ha incassato una prima, confortante, notizia dalla Commissione Ue: l’estensione, fino a giugno 2024, delle misure del Quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato. Che significa, in questa congiuntura economica delicata, ossigeno in più per imprese e lavoratori. Una decisione accolta con grande soddisfazione da Giorgia Meloni, dato che l’esecutivo europeo ha assecondato così la richiesta – portata avanti prima di tutto proprio dal governo di Roma – «di consentire una fase di uscita graduale e sostenibile dalle misure di sostegno adottate dal governo negli scorsi mesi».

Un’estensione, questo è ciò che la premier ha condiviso nella nota, che consentirà all’Italia «di continuare a sostenere aziende e lavoratori, in special modo le donne, i giovani e le fasce sociali più bisognose, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno d’Italia che ancora devono riguadagnare competitività». Una proroga che aprirà al contempo la possibilità di lavorare con la Commissione «per la futura definizione di misure più mirate e di carattere più strutturale per stimolare la crescita e la capacità di attrarre investimenti nelle nostre Regioni del Sud». Per la presidente del Consiglio si tratta di un ottimo viatico, dato che si innesta come un ulteriore tassello, «accanto alla creazione di una Zes unica e di una gestione più efficace e strategica dei fondi di coesione» per accrescere la competitività e le opportunità di sviluppo economico del nostro Mezzogiorno e dell'intero Paese. Costretta a casa da una lieve influenza, la premier non ha potuto partecipare ieri alla prevista riunione del Consiglio Supremo di Difesa (vertice poi rinviato dal Presidente della Repubblica Mattarella) ma ciò non le ha impedito di congratularsi al telefono con il nuovo Presidente argentino, il vulcanico libertario Javier Milei, a cui ha augurato buon lavoro.

 

 

 

«L’Argentina – si legge nel comunicato – è una nazione a cui siamo legati da profondi legami storici e culturali e in cui vive la più grande comunità di italiani all'estero. Roma e Buenos Aires condividono valori comuni che definiscono la nostra azione di politica estera nell'attuale contesto internazionale». A proposito di valori e di radici, questa volta quelli legati alla saga de Il Signore degli Anelli, Meloni è intervenuta su Instagram riguardo la mostra che tanto sta facendo arrabbiare la sinistra e gli intellò di riferimento: quella, appunto, sulla vita e le opere di J.R.R Tolkien. «Una festa a lungo attesa» – parafrasiamo così, con un celebre motto tolkeniano, l’esposizione promossa dal Ministero della Cultura – che per la premier rappresenta «un bellissimo omaggio alla ricchezza delle idee, alla fantasia e alla capacità di ispirare generazioni», frutto del genio dello scrittore cattolico inglese.

 

 

 

Davanti alla levata di scudi contro la fantomatica “appropriazione” dell’opera da parte della destra e agli attacchi per la scelta di promuovere istituzionalmente una mostra di un autore caro alla “generazione Atreju”, la premier è rimasta basita: «Stupiscono le polemiche dei soliti noti sull’organizzazione della più grande mostra mai dedicata in Italia all’autore di uno dei libri più venduti e amati della storia della letteratura». Tutto ciò dimostra a suo avviso solo la frustrazione e «il nervosismo di chi ha pensato che la cultura gli appartenesse, che potesse essere appannaggio di una parte politica e non di tutti». Per Meloni «quel tempo è finito». È tempo, molto semplicemente, di libertà culturale. Tutto pronto, infine, per ciò che riguarda il Piano d'azione fra Germania e Italia. Secondo gli sherpa manca solo la firma di Olaf Scholz e Giorgia Meloni sulle linee guida per la cooperazione politica rafforzata (sul modello di quella firmata fra Berlino e Parigi). Il tutto dovrebbe avvenire domani nella capitale tedesca, dove la premier è attesa per l’atteso vertice intergovernativo. Occasione da cui si attendono riflessioni importanti anche su un altro snodo decisivo: il negoziato sul nuovo Patto di stabilità. 

 

 

 

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