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Transizione ecologica? A combattere le crociate liberali è la destra

Corrado Ocone
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In Italia ci sono diversi liberali, alcuni orfani del vecchio partito che portava questo nome ed altri più giovani, che hanno una sorta di pregiudizio nei confronti del governo di centrodestra. D’altra parte, le stesse forze della maggioranza poco fanno, anche comunicativamente, per aiutarli a superarlo, quasi che definirsi liberali fosse per loro inopportuno. Eppure, gli elementi perché questo divorzio sia superato ci sono tutti. Prendiamo come esempio due temi di questi giorni, apparentemente molto diversi fra loro, di rilevante importanza perché di forte impatto sociale.

Il primo ha a che fare con l’Europa, le cui direttive relative alla “transizione ecologica” sono sempre più pervasive e vessatorie. L’altro giorno, ad esempio, a Strasburgo è passato, con ampia maggioranza, un provvedimento che impone alle famiglie di restaurare gli immobili entro il 2033 rendendoli compatibili con dei parametri ecologici molto rigidi. Poiché quasi la metà degli immobili non sono a norma, si tratterà di un salasso non indifferente per i cittadini (si calcola che ogni famiglia dovrà spendere una cifra compresa tra i 20 e i 55 mila euro). Il tutto per realizzare un obiettivo, le “emissioni zero” del nostro continente, che inciderà in maniera irrilevante sull’inquinamento globale.

 

 

 

ETICA DELLE RESPONSABILITÀ

Perché la maggioranza a trazione socialista ha continuato diritta sulla propria strada nonostante le considerazioni razionali e di semplice buon senso che le sono giunte da una parte consistente dell’opinione pubblica europea? Perché ha mostrato indifferenza per le conseguenze delle proprie azioni, contraddicendo i dettami di quell’“etica della responsabilità” che Max Weber raccomandava al buon politico? Non è difficile scorgere in questa ostinazione un portato di quella mentalità costruttivistica verso la quale i padri del liberalismo novecentesco, vedendola all’opera soprattutto nei regimi comunisti (ma non solo), hanno invitato a diffidare. Essi ci hanno spiegato come, in politica, il razionalismo astratto non solo non realizza gli effetti che ci si propone, a causa della cosiddetta “eterogenesi dei fini”, ma sacrifica la libertà, e in alcuni casi la vita stessa, dei cittadini.

IL SUPER STATO

D’altro canto, è facile osservare le affinità, ovviamente solo formali, fra l’odierno costruttivismo del New Green Deal e l’industrializzazione a tappe forzate imposta ai russi dai bolscevichi con i “piani quinquennali” negli anni Trenta del secolo scorso. La costante è sempre la stessa: è la realtà a doversi piegare all’idea, non la seconda a tener conto della prima.

L’individuo, in quest’ottica, è inessenziale, un mero numero, sacrificabile sull’altare del presunto bene di cui per principio sarebbe portatore lo Stato, fosse pure quel super Stato sovranazionale che si vuole mettere in piedi a livello comunitario. La buona notizia per chi crede nella libertà individuale, cioè per i liberali, è che la destra italiana ha votato compatta contro questa ultima eurofollia. La cattiva è che i liberali quasi non se ne sono accorti, o non hanno dato ad essa il giusto riscontro. Facendo un salto in Italia, lo stesso culto dello Stato la sinistra lo sta dimostrando in queste ore con la canea che ha sollevato contro alcuni provvedimenti fiscali adottati dal governo. In prima linea, come al solito.

Repubblica: il quotidiano del gruppo Gedi ha parlato di una “resa dello Stato” e di “favori agli evasori”. In sostanza, quel che si vorrebbe è che lo Stato fosse implacabile, punitivo, persino crudele verso quei cittadini che si trovano in momentanea difficoltà e che da una opportuna rateizzazione dei loro debiti potrebbero trarre un po’ di respiro, non vedendosi costretti a chiudere le loro attività. Quel che si vuol colpire è proprio quella molla che spinge molti lavoratori autonomi e imprenditori a iniziare un’attività, rischiare, creare ricchezza per sé e pela società intera. Il patto fiscale piuttosto che fra eguali viene così concepito come strutturalmente asimmetrico: lo Stato è il dominus, mente il cittadino è un suddito che deve piegare la sua volontà a quello che ancora una volta viene presunto come un “bene superiore”.

 

 

 

TASSAZIONE

La battaglia contro l’eccessiva tassazione è, d’altronde, una delle più tipiche e tradizionali battaglie liberali. Eppure, i nostri liberali anche in questo caso nicchiano, storcono il naso, si fissano su particolari insignificanti e non usano quel pragmatismo che dovrebbe essere la cifra della più antiideologica delle dottrine politiche. Forse ci vorrebbe un buon psicologo per capire i più reconditi motivi che sono alla base della loro difficoltà ad ammettere che oggi è la destra a combattere le più classiche battaglie liberali, a cominciare da quella antistatalista.

 

 

 

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