È vero che la mafia oggi si è evoluta, è meno violenta e si manifesta senza lo spargimento di sangue degli scorsi decenni, ma non per questo deve calare l’attenzione su un fenomeno che, specialmente nelle regioni ricche del nord Italia, tende a radicarsi nel tessuto produttivo e imprenditoriale della società. È una «mafia liquida», spiega a Libero Tommaso Pastore, capo della Direzione Investigativa Antimafia di Torino, una lunga carriera nella polizia di Stato (è stato capo della Mobile a Cuneo, primo dirigente in Valsusa e alla questura di Torino) e oggi impegnato a stanare il reticolo criminale che dalla Calabria arriva in Piemonte infiltrandosi soprattutto nella filiera degli appalti.
«La mafia oggi preferisce investire capitali illeciti in attività affaristico-imprenditoriali», prosegue Pastore, «e in Piemonte, in particolare, l’ndrangheta risulta essere la forma di criminalità più radicata. Il 70-72% di interdittive antimafia che colpiscono l’ndrangheta avvengono infatti nel nord Italia e solo una parte residuale nel territorio d’origine». Una circostanza che emerge, fra l’altro, dalla maxi operazione di cui la Dia di Torino ha dato notizia ieri, in collaborazione con la questura di Alessandria. Si tratta di un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro nei confronti dei familiari di un noto pregiudicato alessandrino, già condannato per numerosi e gravi reati, tra cui associazione a delinquere, riciclaggio, estorsione, traffico di droga e detenzione di armi ed esplosivi. L’uomo, residente ad Alessandria, vantava legami con esponenti di spicco dell’ndrangheta e della criminalità. Il provvedimento, disposto dal Tribunale di Torino – Sezione Misure di Prevenzione su proposta congiunta della Dia e del questore di Alessandria, ha portato alla confisca di otto immobili, tre imprese, 58 beni mobili registrati e 21 rapporti finanziari. Le indagini hanno evidenziato una intestazione fittizia dei beni e contatti del principale indagato con ambienti mafiosi attivi tra Piemonte e Calabria. L’indagine è stata lunga, spiega Pastore, e ha coinvolto non solo la provincia di Alessandria e Torino, ma anche quelle di Savona e Bolzano, inoltre è intervenuta la polizia Stradale poiché sono emerse irregolarità su alcuni veicoli aziendali dell’indagato: parti meccaniche risultate rubate hanno portato a ulteriori denunce per ricettazione, riciclaggio e truffa assicurativa a carico del pregiudicato e del figlio. Torna alla mente l’operazione Minotauro, la maxi inchiesta del 2011 che ha segnato un punto di svolta nella storia giudiziaria e criminale del Piemonte perché ha svelato gli intrecci tra malaffare e politica locale, clientelismo e concessioni di appalti pubblici. Stavolta però anche i mezzi e gli strumenti investigativi della polizia sono migliorati: droni, intercettazioni ambientali e dispositivi tecnologici e sistemi di comunicazione crittografata fanno la differenza anche perch le organizzazioni criminali hanno dimostrato una notevole capacità di adattamento ai mutamenti economici.
«Le mafie di oggi», conclude Pastore, «preferiscono investire capitali illeciti in attività affaristico-imprenditoriali come riciclaggio, appalti, giochi, scommesse e business dei rifiuti, accanto all’altro grande loro giro d’affari che è il traffico internazionale degli stupefacenti».




