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Giustizia, il silenzio con cui l'informazione pubblica sta boicottando il referendum: un gioco sporco

Il posto dei giudici tributari

Iuri Maria Prado
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La piovra giudiziaria sta rintanata mentre l’informazione, specie quella pubblica, fa il suo bel lavoro per mandare al macero milioni di firme dei cittadini che hanno chiesto di potersi esprimere per riformare almeno qualcosa della giustizia italiana. Si sono costituiti anche dei comitati per il “no” ai referendum promossi dalla Lega e dai radicali, ma è evidente che il progetto di quelli che avversano le riforme non è di convincere i cittadini a votare “no” all’esito di un pubblico dibattito su queste faccende: più comodamente, e con prospettive di maggiore efficacia, si tira piuttosto a non fargli nemmeno sapere che si vota, e dunque ad affossare l’esperimento referendario non perché i cittadini votano contro ma perché non votano punto e basta.

 

 

Come è successo un sacco di volte. La realtà è che si sa perfettamente che, se il cosiddetto “quorum” fosse raggiunto, e cioè se andasse a votare il 50% degli elettori, la percentuale dei voti favorevoli alle abrogazioni proposte sarebbe molto probabilmente schiacciante. Dunque per chi si oppone alle riforme è più proficuo fare in modo che i cittadini non votino, piuttosto che tentare di convincerli a votare contro.

 

 

Né mirano alle urne vuote in forza di una pubblica istigazione a disertarle, che sarebbe un atteggiamento in qualche modo trasparente: al contrario, e slealmente, lavorano affinché i cittadini nemmeno sappiano di quell’appuntamento. Manca poco più di un mese. Non è tardi per impedire che il progetto di mandare all’aria i referendum si compia. Basta far sapere ai cittadini che possono votare, e non importa dirgli come votare: perché è sicuro che voteranno bene.

 

 

 

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