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Loggia Ungheria, Davigo l'unico a processo: cosa rischia

Paolo Ferrari
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Il pm di Milano Paolo Storari non ha commesso alcun reato consegnando i verbali delle dichiarazioni dell'ex avvocato esterno dell'Eni, Piero Amara, all'allora consigliere del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo. Anche la Corte d'Appello di Brescia ha dunque confermato la sentenza di primo grado con cui, lo scorso marzo, al termine del processo in abbreviato, Storari era stato assolto dall'accusa di rivelazione del segreto. Il collegio, dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, ha rigettato la richiesta del sostituto procuratore generale che aveva chiesto una condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione, con la non menzione e la sospensione condizionale. Alla sentenza di primo grado aveva fatto opposizione anche il togato del Csm Sebastiano Ardita, ammesso come parte civile.

Storari era stato accusato di rivelazione del segreto d'ufficio per aver consegnato a Davigo, nei primi mesi del 2020, i verbali in cui Amara aveva descritto l'esistenza di una loggia paramassonica denominata "Ungheria", composta da magistrati, ufficiali delle forze dell'ordine, professionisti. Il pm milanese aveva chiesto di essere processato con il rito abbreviato ed era stato assolto per errore di diritto, in quanto non avrebbe avuto la consapevolezza di violare la legge consegnando a Davigo tali verbali.

 

 

 

L'ERRORE SCUSABILE

Nella ricostruzione ad indurre in 'errore' Storari era stato proprio Davigo affermando che i componenti del Csm sarebbero stati esonerati dal rispetto del segreto. Tesi a cui non avevano creduto alla Procura di Brescia, competente peri reati commessi dai pm milanesi, che avevano deciso di mandarli a giudizio e che, per Storari, avevano poi chiesto una condanna a sei mesi di reclusione. L'errore in cui era incorso Storari era «un errore su norma extrapenale», dal momento che lo stesso magistrato «era convinto di rivelare informazioni segreti a soggetto deputato a conoscerle», e per questo «di non commettere alcuna rivelazione illegittima, ma "autorizzata" e/o addirittura dovuta».
Un errore ritenuto quindi "scusabile" dai giudici bresciani. «Piercamillo Davigo non era un mio amico prima, non lo è oggi. Ho una frequentazione con lui solo perché conosco la sua compagna. Mi sono rivolto a lui perché è l'unica persona che conosco che avesse un ruolo istituzionale. Quello che è accaduto e sta accadendo lo trovo lunare», aveva detto in aula Storari.

La consegna dei verbali fu un gesto che Storari ha sempre definito di «autotutela» nei confronti dell'asserita inerzia nelle indagini da parte dei vertici della Procura milanese. «Con gli elementi di oggi», aveva aggiunto Storari, «credo che non si volesse disturbare il processo Eni-Nigeria, il processo più importante a Milano, fatto dal dipartimento più discusso, una sconfitta significava mettere in dubbio l'organizzazione di Francesco Greco». Il magistrato voleva arrestare Amara per calunnia ma ciò avrebbe messo in difficoltà i processi milanesi per corruzione internazionale dove quest' ultimo era fra i principali testi dell'accusa.

 

 

 

TERZA "VITTORIA"

«Siamo assolutamente soddisfatti di questa assoluzione piena» che conferma «l'esito di un giudizio di totale innocenza che è particolarmente profondo e netto», ha commentato l'avvocato Paolo Della Sala, difensore di Storari, lasciando il Palazzo di Giustizia bresciano. Storari, visibilmente emozionato, ha preferito invece non dire nulla. Per le motivazioni bisognerà attendere 90 giorni. Quella di oggiè la terza "vittoria" del pm in questa vicenda. A parte gli aspetti penali, vi era stata anche la bocciatura della richiesta cautelare di trasferimento d'urgenza, con contestuale cambio di funzioni, avanzata nei suoi confronti nell'estate dell'anno scorso a Palazzo dei Marescialli dell'allora procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi su richiesta del procuratore di Milano, Greco. Il processo per rivelazione del segreto resta ora in piedi solo per Davigo che ha scelto il rito ordinario.

L'ex pm di Mani pulite ha sempre giustificato il suo operato dicendo che «se c'è un soggetto che fa delle dichiarazioni di estrema gravità, che siano vere o false, o che siano in parte vere e in parte false, è necessario fare le indagini per saperlo». Per la Procura di Brescia, invece, lo scopo di Davigo non sarebbe stato far luce su quanto accadeva a Milano, ma solo trovare una scusa per motivare al Csm la rottura dei rapporti con Ardita, suo collega di corrente, il cui nome sarebbe comparso fra gli appartenenti alla loggia. 

 

 

 

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