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Davigo, "Meloni e Nordio favoriscono i latitanti": l'ultima figuraccia

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La riforma della Giustizia varata dall'esecutivo Meloni e fortemente voluta dal guardasigilli Carlo Nordio. Una riforma che va ad eliminare ad esempio il reato di abuso d'ufficio che ha inguaiato tanti poveri sindaci in tutti questi anni che amministravano la cosa pubblica. Ma c'è dell'altro. Nella riforma infatti la convocazione dell'indagato per decidere poi, in presenza dell'interessato, se emettere il provvedimento di stato di fermo oppure no. Una misura che va a tutelare in modo chiaro la posizione di chi si trova nel mirino della Giustizia che fino a prova contraria e fino al terzo grado di giudizio non può considerare un indagato come un condannato o come un colpevole. Apriti cielo. Su questo punto si è scagliato in modo duro l'ex giudice di Mani Pulite Piercamillo Davigo che sul Fatto Quotdiano fa un clamoroso autogol. Per smontare la riforma afferma che questo tipo di provvedimento a carico dell'indagato ad esempio è già presente da decenni negli Stati Uniti, dove di fatto mica ci sono latitanti che fuggono dalla giustizia.

"Un simile istituto è presente negli ordinamenti processuali degli Stati Uniti d’America (dovendo peraltro sempre tenere presente che lì operano 52 ordinamenti processuali: uno per ogni Stato che compone l’Unione, uno federale ordinario e uno federale militare). Un magistrato italiano che effettuò un viaggio negli Usa. assistette a tale procedura e quando gli dissero che un imputato sarebbe stato convocato per decidere se arrestarlo mi raccontò di aver espresso il suo stupore chiedendo al giudice americano: “Ma quello viene?”. La risposta del giudice fu: “Ci mancherebbe che non si presentasse!", scrive Davigo.

 

E qui casca già il primo asino. Dunque c'è già un precedente nella più grande democrazia al mondo. Poi Davigo parla della cauzione affermando che dopo l'arresto spesso negli Usa il giudice scarcera l'indagato. Un istituto che in Italia non c'è. E in questo senso specifica che "esistono società specializzate che anticipano il denaro facendo sottoscrivere un contratto con il quale l’imputato si impegna a pagare gli interessi e a presentarsi al processo". Ma dimentica un dettaglio. L'indagato prima di finire in manette viene convocato e si presenta all'"appuntamento". La stessa cosa potrebbe perfettamente accadere in Italia evitando ad esempio la spettacolarizzazione degli arresti che tanto piacciono a certe toghe di sinistra e che andavano di moda negli anni di Mani Pulite. Davigo lo sa. Insomma la posizione dell'ex magistrato di Tangentopoli è sempre una: l'indagato è sempre dalla parte sbagliata e va punito immediatamente senza possibilità di difendersi. Subito dentro, buttare la chiave e zero passaggi formali. Guai a chi tocca queste procedure. Potrebbe essere accusato, come nel caso del governo Meloni di "favorire i latitanti". L'ultimo attacco vergognoso a chi cerca, pian piano, di dare un volto più umano e più giusto alla nostra Giustizia. 

 

 

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