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Verona, resta incinta a 13 anni: a processo anche la madre, il caso scuote la città

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Claudia Osmetti
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All’udienza si sono presentati mano nella mano. E con al fianco la loro piccola di appena quindici mesi. Concepita nel 2021, nata nel 2022. Lei, la mamma, oggi ha quindici anni, quando è rimasta incinta ne aveva tredici; lui, il babbo, è un 21enne che è diventato padre all’età di diciannove. Diciamocelo subito, sì: partorire da adolescenti (anzi, da pre-adolescenti) non è una cosa che si vede tutti i giorni. Fa anche un po’ impressione, una bimba delle medie col pancione e le coliche e le contrazioni. Però chi siamo noi, dopotutto, per giudicarla? Chi siamo per dire che non è amore, che non sarà per sempre, che c’è un momento per ogni cosa e quel momento è uguale per tutti? Prendi loro due, per esempio. Vivono nel Mantovano e hanno origini venete. Non hanno rinnegato niente, hanno deciso di portare avanti la gestazione, sono felici. Sono innamorati.

AMORE SENZA ETÀ
«Mai nessuna sentenza ci sepererà», dice lei. E lo ripete, piangendo: ché vedere il suo compagno lì, alla sbarra, davanti a un giudice, nel tribunale di Mantova, con un accusa pesante come quella di violenza sessuale ai danni di un minore infraquattordicenne, le fa crollare il mondo addosso. Questo, mica il fatto che quando avrà l’età per la patente sua figlia andrà alle elementari. Lo ama, il padre di questa bambina. Non può stare senza di lui, non accetta l’idea che possa andare in carcere (subirà il rito abbreviato, ma poi ci arriviamo), ci soffre. Allora dov’è la giustizia? D’accordo, la legge è chiara: sotto i quattordici anni è un reato, c’è la procedibilità d’ufficio. Però qui manca la vittima (in senso proprio). Manca la parte lesa che, invece, continua a sostenerlo senza tentennamenti, che era amore e non stupro, che lo voleva e non è stata costretta. C’è anche la prova provata: stanno ancora assieme. Non si sono lasciati, non hanno abbandonato la piccola, niente di tutto questo. Sono una famigliola (atipica, però) felice. E quindi che male c’è?

C’è che nel 2021 i servizi sociali del Mantovano sono stati allertati dagli insegnanti della scuola media inferiore della ragazzina e la segnalazione è finita alle autorità e poi alla magistratura e l’iter giudiziario s’è avviato da solo. Il 21enne, adesso, rischia il carcere dai sei ai dodici anni, il prossimo 21 novembre ci sarà (appunto) il rito abbreviato. Ma a essere in bilico con un faldone penzolante sulla testa c’è anche la mamma della mamma, ossia la nonna di quello scricciolo che è finito (suo malgrado) al centro di tutto e che si è ritrovata indagata per omessa vigilanza perché non avrebbe impedito ai due ragazzi di avere rapporti sessuali. Ha cinquant’anni, la signora, e proviamo a immaginare cosa abbia vissuto: una figlia giovane che s’innamora, il fidanzatino che conosce, la storia che va avanti.

Cosa avrebbe dovuto fare? Imporsi, chiuderla in casa, impedirle di vedere quel 19enne che, però, era sinceramente interessato alla figlia? E per ottenere cosa? Ché se c’è una certezza è che dire a un pre-adolescente non-lo-fare è il modo migliore per essere sicuri che lo farà. Sono anche cambiati i tempi: avere tredici anni oggi non è come aver avuto tredici anni nei Duemila o pure prima. Son svegli, i ragazzi di oggi. Non li gabbi con qualche raccomandazione. Eppure il pm di Mantova non ci sta. La mamma avrebbe “incoraggiato” (nientemeno) la figlia ad avere rapporti sessuali col moroso maggiorenne da poco, tra l’altro i primi incontri si sono svolti nella casa della sorella della ragazzina, e anche lei, che è la titolare di un’impresa di pulizie, ora deve trovarsi un avvocato.

NESSUNA VIOLENZA
Non serve a niente che la ragazzina lo abbia spiegato in ogni salsa e a ogni colloquio e a ogni persona che glielo abbia domandato (carabinieri inclusi), che la sua relazione è nata da un’amicizia che dura praticamente da sempre, che entrambe le famiglie ne erano a conoscenza, che si conoscono, addirittura che è stata lei a prendere l’iniziativa. In vacanza, in un contesto di relax, tutto il contrario di quella violenza di cui si parla in tribunale e che non esiste proprio. Tant’è che la coppia, felice, come ce ne sono poche, adesso vive a casa dei genitori di lui, in un paesino tra il Veneto e la Lombardia. La violenza è sbagliata, sempre. La violenza sessuale è sbagliata due volte. I bambini vanno tutelati e protetti e non ci piove: ma se i fatti parlano di una violenza che non c’è, che senso ha? 

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